Blocco 3 – 57 (56+1) giorni | dal 24 giugno al 19 agosto 2019
Dedicato al mio “acerrimo” Amico Francesco “Tor” Maistri che doveva essere al via del Tor des Glaciers ma ha rinunciato per impulsività (giustificata in parte da ragioni mediche poi rivelatesi non pertinenti), che si sforza poco per capire chi sono (… e allora ho ragione io!) o forse non deve sforzarsi perchè l’ha capito fin troppo (… e allora ha ragione lui e tutto quanto segue è aria fritta…)
ALL-IN … in questo blocco mi sono giocato tutto quello che potevo giocarmi.
56 giorni + 1 fa 57, giusto per metterci dentro anche quello che non ero riuscito a incastrare il giorno prima.
E quando declino il verbo “giocare” o utilizzo il sostantivo “gioco” sono sincero.
Questa preparazione, pur se strutturata, seria, impegnativa e che ha richiesto un livello di concentrazione e applicazione notevolissimi (e un’organizzazione della propria vita compatibile con scelte, leggi “downshifting” e implicazioni varie, prese molte anni fa …) resta per me un “gioco”, e il gioco, come ben sappiamo, è una cosa allo stesso tempo seria e divertente.
Sembra un controsenso, ma coniugare serietà e divertimento è la via che ho scelto per arrivare alla “distinction”.
Sì badi bene che ho chiare le regole del gioco e piena consapevolezza di che tipo di gioco si tratta … perchè le cose si fanno anche seriamente ma MAI prendendosi troppo sul serio! O il giocattolino si spezza!
E speriamo di riuscirci, perchè il “Grande Gioco” comincia a Courmayeur, l’8 settembre 2019 alle h 12.
Ma veniamo a questo blocco “Montagnard of Distinction” e a tutti i giochetti che mi sono inventato pur di mettermi “la montagna in tasca e nella testa” (anche se limitatamente al gruppo del Monte Baldo e del Carega) e anche sotto i piedi, visto che ho calpestato ben 51200 d+ in 57 giorni di cui 9 di riposo e 47 di allenamento (da ragguagliare con ben 12 “double session” ovvero bigiornalieri)
141 ore di cui 135 sulle gambe. Le restanti in bici. Più di 1000 metri ad allenamento di media.
Gare zero, a parte la Stelvio Ultra Trail che non ho finito.
Gli altri gareggiano, io gioco. Chi si diverte di più ha ragione, gara o fuori gara che sia.
87,3% delle uscite con sensazioni positive (= great). Un segnale che sono non solo “sopravvissuto” a questa sferzata di km e d+, ma che il gioco ha funzionato e mi ha divertito quasi sempre.
E lo scopo rimane quello, perché ammesso che ci siano motivi per essere incazzati o incazzosi nella vita, lo sport non dovrebbe essere uno di quelli (anche se spesso non è così ….ahinoi).
Blocco di lunghi, bigiornalieri, notti in quota e verticalità. Sono riuscito anche a conciliare uscite di endurance con lavori di qualità (dove al fartlek e al VAM fartlek ho aggiunto anche qualche vertical in spinta costante). Le uscite di qualità sono il 26% del totale… non poco.
INCASTRARE TUTTO, qualità inclusa, SENZA SALTARE è stato davvero un gioco d’azzardo, ma al momento mi pare di essere riuscito a sfangarla senza bluff verso gli altri e verso me stesso.
Dal 3 marzo alla fine di questo “blocco” sono 169 giorni in cui ho messo dentro 300 ore di allenamenti e quasi 100.000 d+ (ma ci arrivo prima de l’8 settembre).
Sembrano tanti, ma a volte basta raccogliere i pezzi. Molti che si allenano alla #cazzomene… se facessero uno più uno (o tirassero fuori i quaderni segreti degli allenamenti che tengono nascosti) raggiungerebbero cifre di poco inferiori alle mie o addirittura superiori. E ricordo che gli atleti veri fanno 10000/20000d+ a settimana …
Numeri, numeri … ho tutto, in testa, in tasca e sul computer. Ma so bene che finire un gigatrail non è una semplice questione di numeri.
Non lo è il diabete di tipo 1, figuriamoci il Tor des Géants.
I numeri vanno presi per quello che sono: numeri. E la realtà è spesso tradotta in numeri, ma saranno la mia sensibilità e la mia capacità di fare e usare i numeri, oltre a un po’ di fortuna che ci vuole sempre, a condizionare la mia prova e esprimere la cifra del gioco.
Ecco, intanto, alcuni dei “giochetti” di questo blocco “montagnard”.
- Foam Roller: quasi tutti i giorni da 10’ a 20’ di esercizi per il rilascio miofasciale. Una manna per le mie gambe inchiodate.
- Piattaforma Delos: 1 volta a settimana 30’ di esercizi di proprioricettività su tavoletta.
- Sentieri proibiti del Baldo: due volte il sentiero 659 (2000k) … di giorno in solitaria, di notte con una banda di 3 amici “coraggiosi”
- Quota 2000 > 21-30 luglio: sequenza di 10 giorni (9 notti) con doppia sessione di allenamento (sera-mattino o viceversa), di diversa intensità e durata (incluse 2 uscite di qualità in forma di fartlek e di KM verticale a tutta) sempre pernottando in rifugio intorno o sopra i 2000 metri (2 notti rif. Fraccaroli, 4 notti rif. Telegrafo, 3 notti rif. Chierego) e passando sopra i 1800 metri dalle 12/13 ore al giorno tra recupero, sonno e allenamento.
Sveglia sempre tra le 4.30 e le 5.30 per ridiscendere a valle in tempo per gestire le colazioni e la pulizia stanze del mio “alloggio turistico” sul Lago di Garda. Gli allenamenti mattutini tutti a digiuno, gli altri in fase postprandiale con integrazioni puntuali al bisogno.
In totale 36 ore in workout per 183 km e 14300d+ 19 allenamenti ( circa 120 ore passate in altura in 9 giorni).
Ho testato anche tutto l’equipaggiamento (abbigliamento, zaini, scarpe, bastoncini, lampade frontali, gps e outfit base vita) di cui dispongo e che intendo utilizzare al Tor des Geants. *in questa fase cmq mi sono allenato 13 giorni di fila senza riposo = 22 allenamenti

- Long Session: lungo da 25 ore e 25 minuti in forma di Baldo Ever Raid, ovvero Everesting adattato al Trail con tiri da minimo 2000d+ per 8800+ totali in circa 90k …[link report]
- Velocità montagnard: 12 ALLENAMENTI DI QUALITA’ (interval o ritmo veloce costante) in forma di
-
-
- fartlek collinare (da 15 a 20 ripetizioni 1 minuto forte 1 minuto piano)
- VAM fartlek (fartlek sempre in salita da 15 a 30 ripetizione 1 minuto VAm 1200/1400 forte 1 minuto recupero (VAM 700/800) basandosi sulla VAM e con il recupero sempre in salita)
- VK = vertical kilometer (ma anche qualcosa in più ogni tanto) in spinta a passo veloce costante (VAM 900/1000)
- Alcune discese spingendo su segmenti da 700/800- (VAM 2000) buttati dentro nel finale di qualche uscita montana
-
Ed ecco i giochetti che invece NON mi sono riusciti…
- L’unica gara cui ero iscritto: Stelvio Ultra Trail sul gruppo dell’Ortles … 6 luglio … 70k 5000+, ritirato a 5 km dalla fine. [link al report]
- Il lungo in velocità: infilato il 19 agosto come giorno extra … ultimo giochino che volevo regalarmi era la traversata della dorsale del monte Baldo in velocità (cd. Baldo Crossing): 50km e 3300 d+ in meno di 8 ore.
Ci ho rinunciato, perchè non mi sono rispettato nei giorni precedenti tra allenamenti pesanti (2 vertical da 1000 e 1300+ a tutta), carenza di sonno e qualche bagordo con gli amici (sagre, pizzate, birra, vino). Non che mi sia ubriacato o altro, però se ti alleni come un atleta devi anche fare vita da atleta. Altrimenti, specie a 47 anni suonati, quasi 48, poi paghi e non puoi sperare nei miracoli. Somarissimo me!
Non si può avere la “Botte (aerobica) piena e l’atleta ubriaco” 🙂 E’ un po’ la stessa cosa che ho combinato nei gg prima della gara Stelvio Ultra Trail. - Dormire: ho ben sopportato la privazione di sonno quando l’ho ricercata volutamente, però negli altri giorni mi ero riproposto di dormire tanto e bene. Invece ti dilunghi a leggere, chattare, navigare, guardare la Tivì, ti addormenti sul divano, fai tardi… e poi dormi male, ti svegli stanco, il lavoro etc etc. Almeno nei 15 giorni prima del TOR però dovrò veramente riposare almeno 8 ore filate a notte o mi squaglio!
La mia salvezza sono state le pennichelle pomeridiane che mi sono potuto permettere anche perchè 40 gg sui 57 di questo blocco, la famiglia era al mare e dunque, finito il servizio nel B&B, potevo schiacciare un pisolino sul divano senza essere assalito dai bambini… ma da qui all’8 settembre, i miei amati pargoletti ci sono eccome! Evviva! - Dieta: vita da atleta significa non solo allenamenti, ma anche dieta da atleta. Non dico da atleta vero, perchè risultati, dotazione di talento e posta in gioco non la giustificherebbero, però i volumi e intensità che pratico richiederebbero una dieta più attenta e qualche rinuncia.
Come si fa a sbevazzare birra e vino alla Sagra di San Bernardo quando sai che dopo meno di 36 ore hai un lungo impegnativo e vieni da 50 giorni di carico senza soluzione di continuità?
E non parlo della dieta raccomandata alla persona con diabete di tipo 1 anche perchè al di là delle cazzate che si leggono ovunque, un regime alimentare corretto, proporzionato ai propri consumi energetici e metabolici andrebbe applicato da tutti.
In merito all’alzare il gomito, premetto che sono il disonore della stirpe veneta… io se vado oltre le due birre medie e i tre bicchieri di vino, mi rigiro nel letto tutta notte e il giorno dopo sono uno zombie. Giusto per intenderci su cosa intendo per sbevazzare: roba da bambini rispetto alla capacità di reggere l’alcool della popolazione media italiana e veneta in particolare. - La grande gita: l’uscita in libera escursione di più giorni assieme ai grandi luminari del trail veronese, Francesco Maistri in primis. Quest’anno mi manca quella, non sono riuscito a incastrarla, o meglio, l’opportunità ci sarebbe stata, ma coincideva con gli unici tre giorni che potevo passare al mare con i bimbi e la scelta era obbligata oltre che preferita (non me ne voglia lo spilungone veronese amico fraterno).
Tra giochi riusciti e non riusciti, questo è quanto mi sono potuto permettere di fare e non fare, nel cuore della preparazione.
Dislivello complessivo macinato e attitudine montagnard coltivata, con tanti giorni di fila su e giù per montagne e rifugi del Baldo-Carega, quasi sempre da solo, in tutte le condizioni ambientali (sole, vento, pioggia), di terreno (montano, roulant, salita, discesa), notte-giorno, letti comodi-scomodi, rifugi silenziosi- rumorosi, sbobba che passa il convento, ripartenze all’alba “mezzo rinco” etc., basteranno a farmi completare i 338 km con 26000d+ (ma quanti sono i d+ in realtà) del TdG?
Di certo non sarà un “gioco da ragazzi” ma spero resti un Gioco con la G maiuscola!
Grande Gioco, Grande Bluff … sempre di conquiste dell’inutile si tratta, ma sono questi piccoli tasselli di apparente inutilità a dare un senso a quello che facciamo!
#STORYTELLING …. SIAMO CIO’ CHE RACCONTIAMO O SIAMO CIO’ CHE FACCIAMO? O SIAMO CIO’ CHE NON RACCONTIAMO DI FARE?
Mettere nero su bianco quello che si fa e farlo on-line, ovvero per sempre e senza possibilità certa di cancellare quanto scritto, è qualcosa di più di un atto di celebrazione autoreferenziale (ma ditemi poi voi cosa non è autoreferenziale a questo mondo?)
Nell’era dello storytelling propinato in ogni dove, conta più saper raccontare quello che si fa e meno verificare se è vero o meno quello che si racconta (e ancor meno approfondire i contenuti quando ci sono): è facile essere “bollati” come esaltati-esibizionisti in cerca di notorietà e dell’applauso (in formato social fatto di emoticons tipo muscoletti, faccina con occhiali da soli e aggettivi tipo “grande”, “grandissimo”, “immenso” e chi più ne ha più ne metta dalla treccani di FB …)
Credeteci o no, il mio storytelling non è finalizzato alla raccolta di “mi piace” o a una più o meno inconsapevole necessità di essere “ascoltato” o a trovare qualche sponsor per regalarmi “scarpe e magliette” in cambio di un #ashtag per i miei followers, ma alla mia naturale predisposizione a dire la verità (mento anch’io talvolta tranquilli, qualche stronzata nella vita l’ho fatta, qualche bugia e carognata pure …) e all’approfondire le questioni, lasciando al lettore il giudizio (se è in grado di farselo).
Un po’ “porn” sono anch’io per carità, ma entro i parametri fisiologici.
L’altra sera ero a cena da mia madre (di anni 72 quasi 73)… Mentre la saluto, mi dice: “E pensare che qualche anno fa uno mi aveva detto: Ma tuo figlio è andato un po’ fuori di testa con lo sport … e io mi ero sentita un po’ offesa. Adesso comincio a pensare che aveva ragione”.
Rientrando in auto rimurginavo su queste parole, ovviamente sghignazzando, e riflettevo su come quello che facciamo possa essere visto e interpretato dall’esterno. Sinceramente più la “gente comune” mi prende per matto, più sono convinto di avere la testa sulle spalle e comunque mi viene da dire “chi di noi è veramente sano?” per citare Liano Vighilioni, muratore di Patterson, New Jersey che imitava Michael Jackson in una puntata dei “Simpsons” che vi invito ad andare a cercare su You-Tube e che scimmiottava il film “Qualcuno volò sul nido del cuculo”.
La stessa sera, a mia madre ho chiesto: “Ci sei dopodomani che veniamo di nuovo a cena?”E lei, mi ha risposto ” Eh no, caro, sono impegnata. Vado con le amiche da Ago e Rita!” (locale storico della movida sul lago di Garda, ndr) …
Ma qui chi è fuori di testa allora? Chi va a correre ”di notte in cerca di rogne” o un gruppo di ultra-settantenni piene di dolori e con le anche bloccate che vanno sul Lago di Garda a mangiare le tigelle e lo gnocco fritto in mezzo a una accozzaglia di giovani e vecchi ubriachi che ballano sui tavoli con la stessa playlist che gira dagli anni ottanta in poi?”

Questa cosa che molti pensano che sono andato “via di testa” perchè faccio una preparazione strutturata in modalità trail (comunque mantenendo una famiglia, il rating su booking.com da 9.6 in su, contabilità-amministrazione di partita iva individuale, società a responsabilità limitata e associazioni varie oltre a idee, lucidità mentale, capacità narrativa e organizzazione eventi e un minimo di relazioni sociali e visione del mondo ….) mi stuzzica parecchio, e positivamente, oltre a farmi ridacchiare sotto i baffi.
Indagare dentro e fuori sè stessi è faticoso … e soprattutto richiede un livello di “onestà” intellettuale e autocritica che non è facile individuare dentro noi stessi … il viaggio verso noi stessi è molto più difficile e impegnativo dei tanti viaggi che intraprendiamo su due piedi o su due ruote verso mete imposte dai nostri desideri (spesso indotti) o dalla voglia di emulazione o di sentirsi vivi, eroi per un giorno o più.
Forse non solo la metà di ogni viaggio dovrebbe essere sempre e comunque il ritorno a casa, ma ancor più la conoscenza di noi stessi, ovvero la casa-labirinto del nostro più profondo io, inclusi i mostri che si affrattano negli angoli più oscuri della nostra coscienza e fanno parte del nostro essere “umani”.
Chi è sano? Mi chiedo! Chi segue le trasmissioni del calcio mercato su Sì Italia tra una coscia e un Lukaku, chi va in Curva Sud, tifa Hellas e attacca in giro gli adesivi #settibuffone, chi passa le giornata al bar tra cicchetti, gratta e vinci e slot, chi lavora 14 ore al giorno perchè nel tempo libero si annoia, Salvini che fa i video messaggi, Di Maio che parla in base a quello che gli dice l’algoritmo della piattaforma Rousseau, Berlusconi che pensa alla gnocca a novant’anni o Zingaretti che … no Zingaretti non fa niente, parla come un libro stampato dei luoghi comuni della sinistra italiana.
Ecco e potrei continuare con altri mille esempi …
Ritorno alla domanda iniziale: chi di noi è veramente sano?
Chi sa costruire la propria autostima senza il consenso degli altri e senza far male al prossimo!
Anzi no, ritiro tutto quanto scritto fino adesso. Mi sono rinsavito. Sano è chi canticchia Señorita di Shawn Mendes:
“…ooh la la la, yeah, I love it when you call me Señorita!” …. altro che “ultra tréil”.
#Type 1 of distinction …. i numeri anche qui non dicono tutto, ma indicano che sto tenendo botta e che la fase più impegnativa della preparazione non mi ha fatto perdere la “trebisonda” anche se la perfezione (quella dei rigorosi standard terapeutici delle società scientifiche) è lontana da me.
Sono però soddisfatto perchè non sono finito fuori giri come lo scorso anno dove il compenso è andato sempre peggiorando. Mentre quest’anno addirittura lo sto tenendo in piedi.
E qui lo dico e qui lo nego, sono convinto che gli standard applicati all’atleta con diabete di tipo 1 di performance andrebbero ritarati, anche in considerazione della “scorza” che lo sport praticato in maniera “costruttiva” regala.
Insomma sono migliori le prospettive di vita di un iperteso, in sovrappeso, sedentario che se fa una rampa di scale ha il fiatone, ma seguito da team terapeutico al completo e con la glicata a 6.5 o uno sportivo con massa grassa al 9%, cuore d’acciaio, arterie libere, che fa i suoi controlli standard ma ha la glicata a 7.5?
Venendo alla mia terapia che ricordo essere la tradizionale MULTIINIETTIVA (basale TRESIBA, prandiale FIASP), annoto quanto segue:
E’ sempre curioso notare come in preparazioni impegnative per durata e intensità, il mio fabbisogno insulinico sia addirittura aumentato a 45 ui die (20 basale, 25 bolo mediamente) a fronte di tantissime ore di allenamento e di un peso portato a 69kg. Evidentemente però se mangi 300 grammi di cho ai pasti e il tuo rapporto insulina carboidrati sta tra 1:10 e 1:12 quelle unità ci vogliono. E dunque anche qui, non siamo più o meno diabetici in base alle unità di insulina che ci somministriamo.
Come sempre ho impostato le mie strategie per le “corse di lungo corso” che tengono conto di diverse opzioni: sosta lunga, sosta breve, cosa e quanto mangiare e strategia di bolo (zero insulina, insulina conservativa, insulina standard) fermo restando che non intendo smanettare troppo sulla basale (come scorso anno) tenendola fissa a 20 ui die, limitandomi casomai, se tutto va come penso, a shiftare di 3 o 4 ore al giorno l’orario di iniezione a parità di quantità (anche se lo spostamento è in sè una piccola riduzione… ma proprio piccola piccola) onde evitare le troppe ore in iperglicemia che ho verificato con i quantitativi di cibo (e carboidrati) che assumi ai ristori volanti, quando a mio avviso, una buona basalizzazione è comunque la strategia più efficace rispetto a una basalizzazione ridotta e continui micro boli (anche avessi il micro credo farei lo stesso).
#BG, TIME IN RANGE: non vado dentro i numeretti delle glicemie lasciando parlare i big data. Affermo, senza timore di smentita, che, oggi, valutare lo stato di salute della persona con diabete di tipo 1 in base alla glicata è una semplificazione inaccettabile, farlo mettendoci a fianco il tempo nel valore stabilito (ammesso che i dati siano attendibili) lo è un po’ meno. Se invece ci mettiamo dentro anche considerazioni più generali su stile di vita e alimentare, in primis la misura del “Defensive Eating” si otterrà un quadro decisamente più veritiero e fedele.
#Defensive Eating praticamente azzerato e comunque ridotto al minimo (1%)! (precisazione: considero solo i carboidrati, perchè 1) sono il principale nutriente ad influenzare la glicemia, 2) è impossibile annotare grammi di grassi e proteine della dieta e quantificarne la trasformazione in zuccheri e relativa tempistica di assorbimento senza impazzire!)
L’82% dei carboidrati che assumo proviene dai tre pasti principali (colazione,pranzo, cena), il restante da integrazioni in attività fisica.
Fabbisogno medio delle mie integrazioni di perfomance pari a poco meno di 19 gr di cho pro ora per un programma di allenamento così strutturato: 18% gg di riposo, 82% gg di allenamento ripartiti come segue: 68% endurance (fondo), 26% qualità (fartlek, intervalli e corsa veloce continua) e 6% recupero (allenamenti lentissimi da 45 a 50 minuti o uscita bici facile 1h)
Mi concentrerò dunque ancor più sull’alimentazione e sul principale substrato energetico ovvero i carboidrati (cho).
Ma perchè bisogna solo parlare di diminuire l’insulina o di indici di correzione, quando nello sport di endurance sono i rifornimenti di carburante la cosa più importante?
E quando si parla di zuccheri lo si fa solo come rimedio all’ipoglicemia, non come substrato energetico (#defensive fueling).
Ecco ho reintrodotto un altro grandissimo tema che riguarda l’atleta con diabete di tipo 1 … integriamo (e gestiamo la nostra terapia) per performare meglio o unicamente per prevenire le ipoglicemie?
#Defensive fueling che assieme al #defensive eating e al #defensive thinking fanno parte della grande questione della #defensive therapy, ovvero di quanto l’approccio della terapia diabetica nel suo insieme sia sempre e solo difensiva anche quando ci si potrebbe permettere (o sarebbe opportuno) essere aggressivi.
Conciliare in maniera impeccabile l’integrazione di prestazione (performance fueling) e il “defensive fueling” è la vera missione dell’atleta con diabete di tipo 1 di endurance … ovvero realizzare quello che battezzo qui, ora e per sempre, #fueling of distinction!
#KetoneofDistinction … Non solo “Carbs, Proteins and Fats”: come già anticipato, in questo blocco ho avuto la possibilità di testare a fondo l’utilizzo della cd “quarta via metabolica”, ovvero i #chetoni esteri (io sto usando quelli della HVMN, ad oggi gli unici reperibili anche se a prezzi folli e fuori mercato).
Il mio giudizio: al di là del sapore osceno del beverone, per me funzionano, sia a livello di efficienza muscolare sia, soprattutto, cerebrale (concentrazione, attenzione, rimedio a stanchezza e sonnolenza). Non fanno miracoli. Se sei cotto sei cotto, però aiutano … una specie di effetto moltiplicatore dell’efficienza.
Li ho assunti soprattutto con finalità di recupero (dopo un allenamento impegnativo di più ore) oppure nei bigiornalieri, a cavallo tra i due allenamenti dopo quello più lungo e sfiancante.
Ma anche prima di affrontare un’uscita probante e intensa a digiuno di più ore o durante l’attività fisica (a metà di un lungo dopo almeno 6 ore di corsa continua con tanto dislivello). Era l’assunzione nel durante l’unico dubbio che avevamo con lo staff medico, visto che la letteratura in materia parlava di prima e dopo, ma non di “nel mentre” (anche a livello gastro-intestinale).
La funzione di “carburante di emergenza” ci faceva però supporre la sua validità in situazioni di endurance prolungato, quando le integrazioni da carboidrati o proteine non bastano oppure non sono tollerate dallo stomaco (nausea, malessere, inappetenza).
Insomma i “chetoni esteri” anche come supporto all’integrazione di performance quando i substrati tradizionali non ce la fanno più. E’ una frontiera inesplorata, ancor più nel caso del #diabetetipo1, dove potrebbe avere anche un valore aggiunto in certe situazioni: come quando ti trovi ad avere glicemie alte persistenti, ma hai bisogno di integrare perchè la prova è ancora lunga e impegnativa ma sei già al massimo del tuo livello di insulina ideale.
Ecco i ketoni sono anche un “carburante di emergenza” e possono asservire, qui in maniera costruttiva, alla fornitura di energia a muscoli e cervello senza necessità di introdurre carboidrati o di innescare il metabolismo lipidico.
Sono intuizioni e sperimentazioni embrionali, forse anche frettolosamente argomentate, ma a mio avviso su questo, ci fossero 20 ragazzotti sportivi con diabete forti e aitanti, debitamente istruiti, disposti a smazzarsi negli allenamenti, nella raccolta dati e nel testare i chetoni assieme agli integratori tradizionali, si potrebbe scrivere una bella pagina di storia di integrazione di performance negli atleti con diabete di tipo 1.
Invece ci sono “just me my self & I” a sostenere queste cose qua (oltre a qualche altra #MeteoraofDistinction tipo il Mangiarotti che a Cervia spacca il culo a tutti all’Ironman e che mi seguirebbe al primo segnale), ma al momento non mi si fila quasi nessuno!
Argomenti complessi e meritevoli di ben altri spazi, che meglio tratteremo nelle settimane successive a questa mia decima del Tor, assieme al trio di docs made in DNL Maurizio Sudano, Mario Vasta e Andrea Benso, ad oggi gli unici tre “addetti ai lavori” in grado di “sostenere” un’approccio non solo difensivo alla pratica sportiva di endurance e performance negli atleti con diabete di tipo 1.
Come forse (non) avete capito, io non nego la necessità o l’opportunità di essere “difensivi”: come già argomentato riconosco che la terapia diabetica è per definizione “difensiva” visto che ripara a un deficit di secrezione di insulina del pancreas, avviene per via esogena e il fatto di essere un #ditipo1 include anche qualche altra problematica/propensione/degenerazione, ma quando hai i mezzi e il talento per fare l’atleta e hai il diabete di tipo 1, e il tuo scopo è la performance, devi avere una visione a 360 gradi e la capacità di usare tutte le armi a tua disposizione.
A volte si usano le armi per difendersi, a volte per attaccare, a volte per persuadere senza usarle. Ecco facciamolo e ricordiamoci, al di là del mio provocativo uso del termine “armi”, che non siamo in guerra, nè quando siamo in gara, nè quando affrontiamo la complessa e intricata gestione di quella patologia “degenerativa barra progressiva” chiamata diabete di tipo 1.
Guardo avanti e credo in un futuro radioso … a prescindere che anche la vita è progressiva (politically correct) o degenerativa (politically incorrect) se preferite e all’ineluttabile prima o poi ci arriviamo tutti… questo però non è un gioco anche se sarebbe bello sapere prendere anche il fine vita come un gioco.
Ma allora a cosa ci sta a fare Dio?
#tobecontinued … Entro il 7 settembre pubblicherò un piccolo report pre-TorX in cui dichiarerò alcune mie strategie/tattiche e soprattutto i miei obiettivi cronometrici.
Sbruffoncello? No, semplicemente sereno e felice di prendere parte a questo “gioco” e di sottopormi, conseguentemente, anche al “gioco dello sberleffo” ove le cose andassero diversamente da quanto immaginato e non raccogliessi i frutti di tutto lo smazzamento impiegato.
“Cristian, sei tutto ‘Chiacchiere e Distintivo’ …”!
“No amico mio, casomai tutto ‘Chiacchiere e distin-ction!’ ”