TOR X | STORXTELL1NG …. OF DISTINCTION
Introduzione al mio cammino verso il TdG 2019
#disclaimer: Se pensate di leggere dati relativi a un atleta top performer, fermatevi qui. I miei dati ventilatori sono ridicoli, così come altri parametri atletici e fisiologici. Siamo nella media o caso mai sotto la media.
Se invece siete interessati alla visione e allo storytelling di un approccio disincantato, pragmatico e …. sostenibile (?) alla pratica sportiva di endurance, siete nel posto giusto, sempre che siate disposti a spaparazzarvi anche le parti relative la gestione della patologia progressiva/degenerativa chiamata #diabete di tipo 1 da cui sono affetto dal 2005.
Sul mio stile narrante, beh, questo è e ve lo dovete sorbire così.
#INTRO_TORX
Eccomi, ci sono cascato di nuovo. Un’altra primavera-estate a “sbattermi” per l’ennesima conquista dell’inutile.
Eppure avevo dichiarato: “Questo sarà il mio ultimo ultra …” concludendo la Swisspeaks solo sei mesi fa.
E ne ero convinto, considerando l’esperienza Swisspeaks sufficientemente riempitiva e in sintonia con il mio modo di vivere il trail rispetto alla kermesse del Tor des Géants, che percepisco più come quella cosa che devi fare perché non puoi non averlo a curriculum.
In realtà la vera tentazione erano i 450 km del Tor des Glaciers, che sentivo più nelle mie corde come esperienza, ma poi apprendo che non ho i requisiti per parteciparvi (ma il mio amico Francesco sì e mi attacco al computer come un pazzo per iscriverlo visto che lui non ci sarebbe MAI riuscito).
Tornando ai “soli” 330k del Tor des Geants, rifletto e tergiverso, faccio la preiscrizione, ho coefficiente 4, vengo estratto.
Che fare? Andare, ma con quali motivazioni. Sì perchè a me servono “motivazioni” vere e profonde, non l’atto di coraggio, l’impresa.
Il Tor des Geants non è una passeggiata, ma non è nemmeno lo sperone Mummery in invernale.
Perchè vado dunque? Adesso provo a spiegarvelo e spiegarmelo.
Voglio essere “finisher of distinction” !
Non mi interessa semplicemente essere “finisher”. E’ un approccio rischioso, perchè sembri un po’ “masto”.
Sono però convinto dei miei mezzi, al netto degli imprevisti che la vita può serbare all’improvviso, e voglio mettere a frutto i compiti fatti a casa in questi anni.
Non cerco la gloria o i riflettori nel mio piccolo percorso personale di investigazione nel mondo della fatica, dell’endurance e del mistero che circonda il mio imperfetto e irreversibile metabolismo degli zuccheri da distruzione delle cellule Beta del pancreas, in tre parole #diabete tipo 1. Cerco spunti!
Non sarà dunque un “viaggio ebbasta” ma un viaggio di distinzione. Che non significa arrivare in una tot posizione in tot tempo, ma provare a fare una prova di eccellenza, esprimere cioè al meglio il mio potenziale atletico, mentale, umano e metabolico attuale e non finire con rimpianti per non averci provato.
Tor fiera della vanità con parecchi iscritti che ci vanno con l’approccio “pago pretendo” in parte con il concorso di colpa degli organizzatori e dei 750€ della quota iscrizione. Più fai pagare e più ti esponi alle pretese dei partecipanti.
E poveri rifugisti con 1000 coglioni più 1 (io, cioè, che magari finirò per essere il più coglione dei coglioni) e i loro followers a scassare i maroni…
Il trail è partecipazione? Bene, proverò a stare nel mucchio, senza finire fagogitato dal mainstream.
E’ un atteggiamento forse troppo ambizioso per i miei limitati mezzi, ma dopo PTL 2016 e Swisspeaks 2018 non ho bisogno di capire se sono in grado di fare una gara da 300 e più km, o di liberare l’armadio da chissà quali scheletri della frustrazione: voglio solo comprendere ancor meglio chi sono e dove voglio andare. E questo l’uso che faccio dell’endurance trail.
E vuoi farlo al Tor des Geants vi chiederete voi? Vai in analisi piuttosto!
Dopo il Tor, se non sarà di “distinction”, ci penserò seriamente 🙂
Il mio nirvana è ancora lontano, proverò a “distinguermi” soprattutto da me stesso, non solo dal pensiero unico imperante nel mondo del trail … e vado a farlo sul campo del nemico, quello della gara considerata la più importante al mondo, quella che se non la fai non sei nessuno, e dunque stai sempre a preoccuparti del giudizio degli altri che diventa preponderante e dominante sulla tua autostima.
Riuscirò ad essere non massificato in un evento massificato (anche se sembra un controsenso definire una gara da 330k e 24000+ di massa ….)
Ebbene sarà ancora più difficile raggiungere la “distinction” di cui blatero, perchè ci sono i “grande”, gli “immenso”, le emoticons con “muscoletti e clap clap” sui social, perchè pensi a finire sotto le 100 ore, perchè stai bene su una salita e inizi a spingere per recuperare 12 ore in 50 km a chi ti sta davanti, perchè vuoi andare a prendere il francese con la faccia da cazzo che al ristoro nemmeno ti parla e tutte quelle situazioni di gara dove tiriamo fuori il peggio di noi stessi perchè siamo sempre in competizione e non sappiamo cosa sia la pace nel cuore.
Daltronde gli umili (o sedicenti tali) corrono per vendetta, io cercherò di correre per distinguermi!
Da cosa poi non lo so, ma fondamentalmente, lo ripeto, da quel senso di fenomeno di massa e di assuefazione alle mode, ai luoghi comuni, ai gusti comuni, al gergo comune, ai pensieri comuni, agli algoritmi comuni, di cui da sempre cerco di rifuggere e le cose peggiori della mia vita le ho sempre fatte quando per scelta o per non scelta mi sono ritrovato a far parte di mode e pensieri massificati.
Le migliori cose solo quando ho fatto di testa mia, con le mie scelte affrettate, i miei non sense, le mie visioni. Solo in questi momenti mi sento “immortale”, nel senso di vivere a pieno. Altrimenti il rischio è di sentirmi vuoto e quando sono vuoto faccio le cose male e sento puzza di putrefazione.
Respirare e sentire il profumo di violette, non quello del topo morto.
Ecco anche questo è quello che intendo per “distinzione” … tutto ciò che mi allontana dalla “disperazione”, soprattutto quella che avverto attorno a me quando faccio trail. E vi assicuro che la disperazione è la cosa peggiore, perchè quando sei disperato smetti di pensare, e quando smetti di pensare, sei morto!
Ciò detto, giusto per non prendersi troppo sul serio, ogni volta che rischio di diventare troppo “pesante” penso:
Mantra 1: Keep calm, it’s just running. Calma ragazzi, si tratta solo di correre!
Mantra 2: “Nel dubbio rallenta, ma se non hai dubbi daje!” … giusto per non arrivare in fondo con i rimpianti.
Anche se sono straconvinto che l’unico modo per finire bene un ultra è tenere sempre il freno a mano tirato.
E adesso pensate se dopo tutto questo pistolotto mi ritiro alla prima base vita o magari mi infortunio e non parto nemmeno. AZZ!
#T1 IDENTITY
Ogni mio report non può prescindere anche da un disamina fai-da-te ma piuttosto approfondita sulla gestione del mio diabete di tipo 1, dentro e fuori lo sport di endurance.
Lo specchietto (in inglese, perdonate, come tutta la raccolta dati, i fogli di calcolo e i rapporti dal cloud) riporta i miei principali dati anagrafici con l’anno di esordio del diabete di tipo 1 e fotografa la mia situazione metabolica all’inizio della preparazione.
Peso e altezza, dosaggi insulinici, terapia, media glicemica, tempo nel valore stabilito, assunzione media di carboidrati ai pasti, scansioni giornaliere da sensore sono riferiti ai 30 giorni precedenti l’inizio di questa “TorXMap”, dunque febbraio 2019.
Le quattro A1C riportate sono quelle degli ultimi 2 anni.
Il CV sportivo riassume le principali prove di ultra endurance (competitive o in autosufficienza) del 2010 (anno in cui ho fatto il mio primo ultra) ad oggi.
La vo2 max si riferisce all’ultimo test effettuato così come la massima frequenza cardiaca (a maggio rifarò test).
Ore e allenamenti settimanali sono quelle del mese di febbraio 2019.
Il tutto per poi farne una lettura comparata con la mia gestione da marzo a settembre, ovvero durante la TORXMAP, sia essa riferita ai dati sull’intero periodo della preparazione (196 gg), ai singoli blocchi (blocco 1-2-3-4) o ai rapporti da 14 gg.
La tecnologia a mia disposizione è costituita, nell’ordine, da uso della testa e Abbot Freestyle, oltre al Garmin Epix per i rilevamenti atletici, cardiaci e cartografici.
Nelle fasi successivi farò in modo di capire se, come e quanto muteranno i parametri qui evidenziati.
Questa slide dunque è il punto di partenza. Non che io sia fermo durante il resto dell’anno, ma la preparazione di prove come questa mi motiva anche nell’essere più accurato e constante nella mia gestione. Fissato il paletto posso così impostare una analisi approfondita pur con tutti i limiti del fai-da-te, delle mie limitate capacità e dell’assenza di uno staff medico-atletico stabilmente sul pezzo.
In realtà alcuni docs condividono i miei file sul cloud (e probabilmente verranno a tifare sul campo di gara, senza eccessive intrusioni ….) ma non me la sento di chiedere loro più di essere un semplice “terzo occhio” … anche perchè se cominciano a fare troppe puntualizzazioni mi incazzo e li cazzio di brutto 🙂
#COME
#Dad of Distinction …
Ottenuto l’endorsement famigliare per l’ennesima preparazione estiva totalizzante a rischio divorzio, separazione, trascuratezza, perdita patria potestà sui figli, dal 4 marzo sono riuscito a iniziare questo percorso di “storytelling” e “datacollection” che in 196 giorni (non uno di più) mi porterà, incrociamo le dita, al via (e alla fine?) del Tor des Geants X edizione.
Per esperienza so che non posso reggere più di 6 mesi di annotazioni e concentrazione: già così il 90% di chi legge mi prende per matto, l’altro 10% per uno che non ha altro da fare nella vita.
La famiglia deve essere con me. I bambini mostrano naturale entusiasmo per quello che faccio e saranno almeno uno o due giorni sul percorso di gara (e salteranno scuola!), così come considerano naturale il fatto che vado a correre tutti i giorni o quasi, anche di notte, partendo quando loro stanno per andare a letto.
Ciò detto spedisco la famiglia 1 mese dai nonni a luglio.
Qualche tensione con la compagna per senso di colpa da trascuratezza (vera e/o presunta) per la famiglia saranno invetabili, ma alla fine ci tiene quasi più lei di me.
Durante gli allenamenti dovrò sempre pensare non solo a reggere nel durante ma anche nel dopo, perchè appena arrivi a casa doccia, mangi, riposi e poi c’è una famiglia da vivere … insomma anche nel 2019 voglio lottare per il titolo di papà dell’anno!
#TORX VS SWISSPEAKS
Nel fare mente locale, giusto un po’, sulla mia roadmap di avvicinamento al Tor des Gèants, con uno sguardo al calendario, agli impegni già presi, a come penso di gestire famiglia, lavoro, tempo libero e allenamenti, il mio primo termine di paragone è il passato recente e si chiama “Swisspeaks 2018”
Pertanto ho rivisto appunti, dati, resoconti e ho indagato negli anfratti della memoria e delle emozioni per fissare come e dove avrei potuto migliorare rispetto a una prova e a una preparazione dove fondamentalmente è filato tutto liscio, con sensazioni e prestazioni forse irripetibili, anche se non esente da qualche errorino.
Tutto il lavoro è focalizzato sul Tor des Geants, unico (o quasi) appuntamento cui sarò devoto nel 2019, perchè solo questo posso permettermi per età, motivazioni, potenziale atletico e tutto quello che ci gira intorno.
Al di là di quel pizzico di vanità ed eccentricità che sono concesse ad ognuno di noi, ambisco a una preparazione “sostenibile e di sostanza”. Distinguermi possibilmente nel bene, dunque, e non nel male.
Giocoforza andrò quasi esclusivamente in solitaria, ma cercherò di sfruttare alcuni allenamenti condivisi e mirati, con persone di fiducia giusto per non ritrovarmi eremita del trailrunning.
Unica gara cui sono già iscritto è la nuova Stelvio Ultra Trail del 6 luglio sul gruppo dell’Ortler (70k 5000+).
Per ciascuna fase di avvicinamento raccoglierò i miei dati atletici e metabolici, qualche grafico, qualche (?) considerazione, minuziosamente annotata nei miei diari cartacei e multimedialil.
Alcuni aspetti saranno prettamente per addetti ai lavori, mi riferisco alle parti relative al diabete di tipo 1, altre applicabili a tutti, con un minimo di conoscenza della fisiologia dell’esercizio e di apertura mentale, e tanta pazienza per qualche sbrodolamento di troppo e imprecisione lessicale da cui non sono esente: alla fine, però, i conti tornano e soprattutto c’è un grado di sincerità e trasparenza che, vi assicuro, non è facile impiegare.
Gestisco dati che con qualsiasi GARMIN di nuova generazione si possono scaricare, con un uso intelligente delle zone ventilatorie/cardiache ottenute con test di soglia in laboratorio (ne faccio 2 all’anno) e aggiustati con test sul campo.
I dati riguardano durata, sviluppo, d+, frequenze cardiache e tempo per ciascuna zona oltre alla % di giorni di allenamento / riposo, distinguendo in 3 grandi famiglie la tipologia di allenamento (endurance = fondo, intensity = lavori di qualità e forza, recovery = allenamenti leggeri di scarico-recupero o rigenerazione).
Ci sarebbero tante altre cose da valutare, ma più di così non riuscirei a reggere. In tanti anni di raccolta dati, mi sembra di essere giunto quasi alla sintesi perfetta: il problema poi è quello di usare e applicare le informazioni ricevute. Altrimenti diventa solo un contenitore di dati fini a sè stessi.
Per allenamenti lunghi o gare predisporrò specchietti dedicati più dettagliati e all’occorrenza farò delle considerazioni nello specifico sui lavori di intensità.
Come per la Swisspeaks 2018, userò il sistema dei piani di allenamento basati sulla “doubleweek” ovvero della settimana da 14 giorni che mi consente di mettere dentro tutte le tipologie di intensità e volume desiderate spalmate su più giorni, senza l’ansia che se perdi un giorno poi non hai tempo per recuperare. Ha funzionato lo scorso anno e lo ripropongo: 10/12 allenamenti ogni 14 giorni con qualche uscita in bici facile, e mantenendo almeno due-tre sessioni ad alta intensità (intervalli, fartlek, varazioni) in tutte le fasi della preparazione, anche quella dei lunghi in serie.
Lo scopo è di conservare una velocità decente e ampiezza di falcata tale da consentirmi, in ambito trail, di corricchiare nei tratti scorrevoli e di essere fluido in discesa. In salita arrangerò, sfruttando la mia buona VAM di base … ma il concetto di fondo è: in salita tieni un po’ di più, così avrai più energie da distribuire nei tratti dove si fa velocità.
E speriamo di reggere, perchè i muscoli si atrofizzano sempre più, mi pare di allenarmi meglio, ma faccio sempre più fatica e sono sempre più lento.
La filosofia in estrema sintesi è questa: “PER ANDARE FORTE BISOGNA SAPERE ANDARE PIANO, PER ANDARE PIANO BISOGNA SAPER ANDARE FORTE”.
#type1ofdistinction
Diabete T1 sì, ma fuori dal gioco!
Cioè, non voglio “usarlo” per avere visibilità / favori / supporti, ma SOLO per migliorare la mia visione.
Quindi al di fuori dei poco frequentati canali telematici DNL non ne parlerò e, su queste frequenze, lo farò quasi esclusivamente con taglio “tecnico” ovvero fotografando la mia gestione. Giusto qualche pillola “emozionale” con la sola finalità di provocare reazioni anche di enorme incazzatura nel diabetico di tipo 1 medio.
Distinction anche qui, per finire nella trappola del mainstream mediatico sul diabete di tipo 1 … ci sono già passato, ne sono scappato fuori e non voglio ricadere nel desolante calderone compassionevole con il solito approccio da pornografia del dolore e la scusa che bisogna diffondere il messaggio al grande pubblico.
E così facendo pare si becchino pure le medaglie d’oro al valor civile e la prima serata sulle reti RAI.
In maniera più social, sarebbe anche molto più semplice fare un post su FB con la foto del tempo del garmin, il grafico del sensore, un paio di ashtag ad hoc e qualche selfie d’effetto. Va bene tutto, per carità, ma non cerco il #selfieofdistinction.
Il mio #type 1 porn invece mette “a nudo” la mia gestione tout court, cercando di allestire e descrivere il mio guardaroba terapeutico e così provocare sentimenti di apprezzamento o sana invidia, ma non posso escludere anche indifferenza, fastidio o odio, tra i pochissimi che leggeranno questo report infinito.
Giusto per evidenziare nuovamente quanto una raccolta dati fai-da-te atletico metabolica possa essere fonte infinita di spunti di riflessione e analisi e ispirare (o più spesso “irritare”) addetti ai lavori e specialisti della fisiopatologia del diabete di tipo 1 che con altri mezzi e competenze a disposizione potrebbero fare un gran lavorone.
Lo storytelling cui ambisco è “roba tanta”: annotare allenamenti, volumi, intensità, statistiche, correlazioni, sensazioni, carboidrati, glicemie buone e cattive, boli, correzioni, controcorrezioni, il defensive eating, gli allenamenti finiti sulle gambe senza edulcorare la realtà etc etc. obbliga a un lavoro di assoluta onestà con sè stessi oltre al rischio che la raccolta di numeretti e percentuali sia così massiva o dispersiva da impedirci di “tirare delle somme” utili e costruttive.
Dati accurati ma sempre grezzi e non “scientifici” ma quando si lavora su se stessi non si può scomodare la scienza, ma solo la coscienza.
Continuerò a dare meno rilevanza alle glicemie puntuali in favore dei dati aggregati (TIR e medie per fascia oraria) con l’unica eccezione delle glicemie inizio e post AF giusto per avere un database e un trend di variazione dei valori glicemici, rapportato a profilo basale, durata e intensità media degli allenmaneti, orario o fase di svolgimento (post assorbitiva o a digiuno).
La mia fissa per il defensive eating, ovvero quantificare la quota di carboidrati giornaliera che introduciamo nella dieta per riprendere le ipoglicemie (e dunque non a fini nutrizionali o energetici), continuerà anche nel 2019. Ho posto il limite di defensive eating accettabile al 5% sul totale dei cho die e già così sono permissivo.
Vedremo se tutto ciò si tradurrà anche in numeri di laboratorio impeccabili (type 1 of distinction … nel 2020 mi scade la patente e non vorrei che i severissimi diabetologi dell’ASL 9 mi rinnovassero la patente solo per … 3 anni! Perchè oramai questa è l’aria che tira!)
Play on T1D now ! E’ un vecchio slogan che la mia mente “malata” aveva creato qualche anno va. Ecco, secondo me “attivarsi sul diabete T1 adesso” significa mettere il “diabete T1 fuori dal gioco” mettendosi “a nudo”, cioè porsi su un livello di eccellenza, mediocrità o ignavia, a seconda delle nostre potenzialità, ma farlo, per favore, senza metterci dentro ogni volta la solita solfa retorica compassionevole condita con un po’ di coraggio endogeno o esogeno. Il coraggio uno non se lo può dare … e nemmeno ricevere.
Il diabete tipo 1 lo vivo sulla mia pelle: 1800 aghi e più all’anno li uso anch’io (o l’equivalente in termini di set, cannule, minicannule per chi usa il micro) insuline, profili glicemici, scorni con medici, burocrazia, i soliti luoghi comuni, discriminazioni reali o autoindotte (in questo noi ditipo 1 siamo maestri).
Ma non strillo. Non ho poi bisogno di definire il diabete “condizione” per sentirmi meno malato o di ribadire che si tratta di una “patologia invalidante” per farmi percepire come malato. Malati negazionisti o malati compulsivi, NON MI AVRETE MAI.
Io provo solo a fare cose: intraprendere nella vita privata (figli, famiglia,amici, relazioni sociali), vita lavorativa, (tra start up e downshifting), vita sportiva, (tra poche gare e tanti allenamenti… ) e vita creativa (idee, slanci, intuizioni, deduzioni, controdeduzioni, passi indietro, passi avanti).
Ho idee forti, spesso giuste, più spesso sbagliate.
Un giorno morirò anch’io. La campana prima o poi suona per tutti.
“Sii felice finchè sei vivo, perchè resterai morto per un bel pezzo” (proverbio scozzese) .. vale anche se hai il diabete di tipo 1 #Type 1 of distinction.
#QUANTO
Chi vuole la “distinction” deve però prima capire se è in grado di sostenerla. Pertanto, i primi 56 giorni saranno dedicati alla ricerca della distinzione [Search of Distinction], con una preparazione più stile “stradista”(e resistendo alle infinite tentazioni trail che mi sono continuamente proposte) e che si concluderà con la partecipazione a una maratona (Amburgo del 28 aprile) da correre tranquillo, senza obiettivi cronometrici ambiziosi (che non ho nella testa e nelle gambe) solo per riabituarmi alla corsa sul passo regolare e sulla energia elastica. Sono convinto che questa fase poco trail sarà comunque molto propedeutica per le due successive.
I blocchi 2 e 3 saranno invece asserviti alla beatificazione del trail. 108 giorni per definire la distinzione prima in ambito endurance (lunghe distanze e terreno trail) e poi in ambito montagnard, ovvero unire endurance e ambiente montano impervio. Li ho chiamati rispettivamente [Endurance of Distinction] e [Montagnard of Distinction].
Dovrò stare attento a non fasciarmi troppo la testa, a non sfribrare cuore e membra, a gestire bene recuperi, lunghi e dislivelli, oltre ai connaturati problemini con gamba sinistra che si stanno ripercuotendo sul ginocchio.
Il cuore degli allenamenti saranno sempre uscite tra i 60 e i 90 minuti non di più, oppure mi brucio, puntando sulla costanza e la regolarità.
I lunghi saranno pochi e mirati, meglio a tappe.
Se in unica soluzione (single stage) mai troppo lunghi, su terreni e in condizioni assimilabili a quelli che troverò in Val d’Aosta.
Il Baldo e le altre montagne veronesi come unico o quasi terreno di gioco dove comprendere le velocità e le VAM (ascensionali e discensionali) sostenibili, testare scarpe, materiali e le strategie alimentari (e terapeutiche), di riposo (microsonni, procedure alle basi vita etc.) e più in generale rafforzare al massimo le mie capacità di gestione personali.
Ultimo blocco… di soli 28 giorni: il mese che porta e include il Tor des Geants. Si chiamerà Tor of Distinction ovviamente.
Dovrei raggiungere quota 100.000 d+ , solitamente un patrimonio di verticalità sufficiente per presentarmi al via di un gigatrail con buone chance di fare bene.
Carico e motivato, pronto a mettere dentro tutta la distinzione possibile, sperando di non aver sbagliato tutto, e di non aver stancato me e i lettori con eccesso di resocontazione … Storytelling of Exhaustion.