TENNO TRAIL MARATHON

6 maggio 2017 • Luisa Race Report

  6 MAGGIO 2017 – TENNO TRAIL MARATHON @ GARDA TRENTINO TRAIL

TENNO – RIVA DEL GARDA (TN)

43 Km + 2500 m

“OGNUNO DI NOI E’ PRIGIONIERO DI QUALCHE SITUAZIONE MA IN QUELLA SITUAZIONE PUO’ IMPARARE A ESSERE LIBERO”
(R. Assagioli)

Ho introdotto questo report con una frase che oserei dire “forte”: la ritengo una frase provocatoria che personalmente non ho apprezzato nell’immediatezza della lettura… però poi mi ha fatta riflettere e l’ho ritenuta adeguata per essere inserita ora, in uno dei miei report. Infatti credo che ogni parola, ogni interpretazione della stessa, ogni pensiero che da essa scaturisce, ogni riflessione e il senso che attribuiamo ad un’affermazione, ha un suo tempo. Questa frase ritengo contenga la polarità per eccellenza presente in una qualsiasi persona che vive con una patologia cronica, quale il diabete mellito: “la polarità prigionia – libertà”. La patologia impone il rigore dell’aderenza terapeutica: continue glicemie pre e post pasto, prima, durante, dopo l’attività fisica, la considerazione di tante variabili che influiscono l’andamento glicemico, la somministrazione costante di insulina, il calcolo dei carboidrati presenti in qualsiasi pietanza. Si è allora “prigionieri” di un qualcosa che alla fine non abbiamo scelto ma ci è arrivato addosso, all’improvviso. Tutto dev’essere calcolato, sempre. Con il tempo si diventa abili e più veloci nei vari ragionamenti e calcoli ma non c’è un solo giorno di vacanza da tutto questo. Mi sono detta “E’ davvero brutto però definirsi prigioniero!” E mi sono chiesta per diversi giorni, prima di accettare e fare “mia” questa frase, se io mi sento “prigioniera” oppure se mi sento “libera” e ho ripercorso il mio vissuto. Inevitabilmente nelle diverse fasi della vita la polarità è sempre presente: talvolta ci si sente “prigionieri”, in altre occasioni maggiormente “liberi”.

 

E sapete cosa vi dico? Secondo me dipende principalmente dal ruolo che si assume. Se si assume un ruolo passivo, attraverso il quale si subisce la patologia, la terapia e tutte le cose che ci sono da fare quotidianamente per stare bene…beh allora si vive davvero in una prigione grigia. Se invece si assume un ruolo attivo, dinamico, se ci si fissa continuamente degli obiettivi stimolanti (e non mi riferisco ai soli obiettivi sportivi!), se si ricercano nuove strategie per stare bene (e badate, intendo non solo fisicamente ma anche mentalmente!!!), beh allora si è davvero liberi, pur aderendo alla terapia. Io ora mi sento libera e il momento in cui mi sento libera al massimo delle mie possibilità è quando corro in montagna: mi ascolto, ascolto le mie sensazioni, rispetto il mio passo, mi metto in gioco, godo dei panorami, godo del silenzio e della solitudine, godo della gente, godo della fatica e del sudore, godo del mio corpo e di quello che riesce a fare, sperimento lo spirito agonistico, accetto cosa mi richiede la patologia anche in gara…ecco che sperimento la mia libertà! E’ una libertà che si impara, ognuno nel rispetto dei propri tempi e delle proprie modalità. Credo servano vari ingredienti: l’ironia, l’ottimismo, la fiducia, l’entusiasmo, la determinazione, la curiosità, il sapersi mettere in gioco, il sapersi ascoltare. Credo che l’unica prigione sia rappresentata da malattie che non lasciano scampo… ecco allora che un altro ingrediente fondamentale ritengo sia la gratitudine nei confronti della vita verso ciò che abbiamo, evitando di alimentare “piagnistei” e la rabbia verso ciò che ci manca o non funziona come vorremo. Ho un pancreas che ha smesso di funzionare e adesso devo (sono obbligato) a seguire la terapia (non “desidero” o “posso”, ma “devo”!) Il “devo” conduce alla prigionia e qui ci si fossilizza se esso rimane legato alla lamentela, al “piagnisteo”. Il “devo” abbracciando il “posso” conduce alla libertà, verso nuovi orizzonti molto più ampi e luminosi, orizzonti che il singolo crea da sè… L’attenzione va rivolta alle risorse, alle potenzialità, a ciò che è latente…e ai desideri, linfa vitale.

 

METABOLICAMENTE

 

DM1 dal 1982
Terapia multiniettiva: Degludec (Tresiba) 15 U – Novorapid 1:20 colazione; 1:15 pranzo e cena
Ultima glicata 6.9

Il giorno della gara NON ho usato il sensore Freestyle Libre per il monitoraggio della glicemia, QUINDI HO FATTO TUTTE GLICEMIE CAPILLARI.
Nella tabella che segue si possono notare glicemie buone (a parte l’iperglicemia legata alla partenza), tuttavia voglio precisare 3 cose:

  • L’ADRENALINA PRE GARA: anche se di fatto mi sentivo serena, la glicemia tra le 10.00 e le 10.40 è salita senza che io facessi nulla (non ho mangiato niente);
  • HO FATTO UN ERRORE: ho corretto con 2 U di Novorapid il 246 di glicemia riscontrato dopo 35 min dalla partenza. Troppe 2 Unità (ne sarebbe bastata 1) perché poi, come si può notare, ho dovuto integrare molto per evitare un’ipoglicemia (tra le 12.25 e le 12.40)!
  • PER PERCORRERE GLI ULTIMI 12 KM (discesa) HO IMPIEGATO MOLTO PIU’ DEL PREVISTO (causa pioggia, vento, sentiero in cresta impegnativo). Ho preso un Glucosprint ad ore 17.00 perché sentivo (a sensazione, non ho fatto la glicemia) che la glicemia stava scendendo. AVREI DOVUTO INTEGRARE MEGLIO ANCHE NEGLI ULTIMI KM PERCHE’ SUL FINALE MI SENTIVO COMPLETAMENTE “VUOTA” (oltre che stanca).Questo nell’ottica che l’obiettivo non è solo di mantenere una normoglicemia ma anche di dare energia al corpo per concludere la gara.

 AGONISTICAMENTE

In sintesi: molto soddisfatta di come ho affrontato i primi 30 Km (fino al 30° Km ero 5^ donna), delusa invece di come sono andati gli ultimi 12 Km, davvero parecchia amarezza.
Bene, davvero bene il primo dislivello che ci ha condotti al primo ristoro presso il Rifugio Pernici (circa 1400 m di dislivello): mantengo un passo deciso e costante su tutta la risalita, guadagnando diverse posizioni.

Mi piace, provo davvero piacere nel risalire. Al ristoro, avendo una glicemia con trend in discesa, sosto con calma volendo integrare bene senza fare le cose frettolosamente. Riparto e nella parte più alta dove trovo anche un po’ di neve apprezzo diversi tratti che percorro in solitudine o con poche persone.
Questa parte sarebbe stata corribile ma ho camminato parecchio perché non volevo esagerare considerando i Km che ancora mancavano.
Poi la discesa che conduce fino al lago di Ledro, il ristoro successivo. Qui scambio due parole con una coppia con cui ho condiviso alcuni Km di gara, avendo il medesimo passo. Riparto e poco dopo, seguendo come una pecora alcune persone avanti a me, sbaglio sentiero… io e il gruppetto di imbecilli torniamo indietro e cerchiamo le fettucce che segnano il percorso corretto… Il secondo dislivello lo affronto ancora con parecchia energia, nella fase finale di questa risalita calo un po’ il ritmo perché inizio ad avvertire un po’ di stanchezza. Una pioggerella leggera, inizia la discesa, gli ultimi 12 Km che intraprendo molto più lentamente del previsto. La pioggia, il fango, il vento: affronto il sentiero in cresta che si affaccia sul lago di Garda con estrema prudenza, una buona dose di paura… e tante parolacce… in una mano i bastoncini, con l’altra mi aggrappo ai pochi arbusti per evitre di scivolare…le persone che scendono con me si trovano egualmente in difficoltà. Nessun volontario presente in questo tratto.
Qui mi sono demoralizzata: mi sono sentita lenta ed impacciata.
Snervata, finalmente la discesa diventa corribile e a questo punto incrocio parecchie persone provenienti da un’altra stradina, le quali mi dicono che il tratto tecnico che io e gli atleti che mi hanno preceduta abbiamo appena concluso è stato chiuso ed il percorso è stato deviato a causa del maltempo e pericolosità del sentiero. Altre parolacce… Guardo uno e gli dico: “Non posso mica arrivare alla fine più nevrotica di quando sono partita, vero????!!!”…lui ride…Ecco che mancano 10 Km…sembra fatta…pare finita… gli ultimi 10 Km più lunghi della mia vita. Corro, scendo… inizio a delirare percependo la stanchezza… e mi concedo di verbalizzare con qualche altra persona la fatica che inizio a sentire. La pioggia aumenta, inizio a sentire la maglietta bagnata e fredda. Mi fermo e mi metto l’antivento.

Fermarmi non mi ha aiutata mentalmente… è stato come dire “Qua facciamo Natale se non mi muovo!”
Talvolta inciampo e nell’inciampare mi parte un crampo al quadricipite…altra occasione per dire una paolaccia… Ecco che ricompare qualche volontario che ci incita. Mancano circa 8 Km e percepisco che la glicemia sta scedendo (sento una fiacchezza improvvisa), decido quindi di integrare un pochino per finire la gara.
Peccato non essermi goduta appieno la bellezza della strada Ponale!
Gli ultimi 3 Km mi impongo di guardare a terra, continuando a correre evitando di variare il ritmo. Dico tra me e me: “Dai che ce la fai, dai che è finita, Elia ti starà aspettando!” Eccomi a Riva del Garda: si scende una gradinata…il percorso poco dopo impone di salire una gradinata in cima alla quale c’è una vigilessa…ecco quella vigilessa ha recepito le parolacce di tutti i concorrenti! Gli ultimi metri di asfalto, si intravede la zona arrivo.
Quando ho visto Elia in zona arrivo ho provato un briciolo di felicità, la felicità che mi aveva abbandonata gli ultimi Km…
Elia mi vede, mi corre incontro suonando a più non posso la campana che agita energicamente, fa per prendermi per mano e correre con me i metri che conducono al traguardo ma io lo imploro “No, ti prego, non ce la faccio!”
Ho avuto la sensazione, dalla stanchezza, che se gli avessi stretto la mano non sarei più riuscita a correre gli ultimi metri.
Oltrepasso il traguardo, vedo mio marito oltre le transenne, scuoto la testa come a dire “Non è andata bene, non è andata come avrei sperato”. Non riesco a parlare per un istante. Vedo che a fianco a Michele c’è anche la mia amica Laura, mi commuovo nel vedere anche lei lì ad aspettarmi. Sopraggiunge Michele, il fidanzato di Laura che anche lui ha concluso la gara. Racconto brevemente la difficoltà dell’ultima discesa. Quando poi mi dicono che ero 5^ donna fino al 30esimo Km e che mi sono piazzata 8^ alla fine…beh dai mi sono un attimo risollevata il morale… Mangio qualcosa al ristoro, foto ricordo con Elia, ripenso alla gara nel complesso: sono consapevole che ho toppato nella discesa…(le discese non sono mai il mio forte!) e sono pure consapevole dove avrei potuto fare meglio metabolicamente.
Dopo aver mangiato qualcosa, la felicità si è nuovamente impossessata di me: brava, Campregher!

AL TRAGUARDO: 8^ su 39 donne. 77^ su 196 atleti (M+F) che hanno concluso la competizione.
Concluso in 6 ore e 55 minuti.