Luisa Race Report – 27 MAGGIO 2018
“Orsa KO”
50 KM +3000 M – Brentino Belluno (VR)
“IO SONO LA FORZA CHE HO DENTRO.
CIO’ CHE SONO E’ ETERNO, IMMORTALE, UNIVERSALE E INFINITO.
CIO’ CHE SONO E’ BELLEZZA ED ENERGIA.
QUESTO E’ IL MIO GIORNO
E TUTTO CIO’ CHE ATTIRO A ME
E’ PER LA MIA MASSIMA EVOLUZIONE E CRESCITA.”
Stuart Wilde
PARTE PRIMA: DI RIFLESSIONE
“Come fai a percorrere tutti questi Km? Perchè fai ste cose?” Spesso la gente mi pone queste domande, alle quali io stessa riesco a rispondere solo in parte… Nel 2017 ho partecipato quasi ogni mese a competizioni Trail progressivamente più impegnative, fino ad arrivare a Settembre al Dolomiti Brenta Trail 64 Km + 4000 m e uno può anche dire “ok, adesso mi accontento”…invece sono ancora alla ricerca di nuove sfide. Io stessa a volte mi soffermo a riflettere sulle motivazioni che stanno alla base del mio andare…quasi sempre in solitaria anche negli allenamenti più lunghi. Credo che i “perchè” siano molteplici: ci sono motivazioni che stanno nella dimensione del conscio, come il mantenermi attiva fisicamente favorendo una “buona salute” e poi il voler liberare la mente all’interno delle routine (casa, lavoro, impegni…), insomma sono consapevole che lo faccio per il mio benessere psicofisico. Se poi mi addentro nei “perchè” sorgono non risposte bensì quesiti curiosi, che trovano collocazione nella dimensione dell’inconscio: corrisponde forse al voler dimostrare qualcosa a me stesso o a qualcuno? Corrisponde forse al voler delle conferme da parte di un corpo “malato da oltre 36 anni” (fossero tutti così i corpi malati!!! che “bestemmie” dico!!!! Le contraddizioni nell’inconscio e non solo non finiscono mai di stupire…), ci sono delle paure che voglio scongiurare? Chi vive con una patologia cronica, soprattutto da molto tempo, abita uno spazio tra Salute e Malattia: non si sente perfettamente sano ma non si sente nemmeno malato. Perchè a volte io in questo corpo ci vorrei entrare con una bella lente di ingrandimento per assicurarmi che sia tutto a posto, dopo tanti anni di diabete (anche se ad oggi la Campregher gode di “ottima salute”…così ha sentenziato l’infermiere che mi ha visitata all’ultimo controllo presso il Centro Antidiabetico: normopeso, piede diabetico non sappiamo cosa sia -e la Campregher è per il tacco 12 che spacca il piede senza pietà!- esami perfetti, a parte la glicata che si è alzata negli ultimi 3 mesi etc). Beh insomma mi sono soffermata pure io a chiedermi “Ma perchè non stai a casa a fare il punto croce?! Ti piaceva tanto, anni fa… Oppure a fare un buon pasticcio, la pasta fatta in casa… I sabati mattina invece di partire e stare fuori ore da sola nei boschi ma non potresti andare in giro per negozi, bere un caffè con calma con tua mamma? Spolverare, pulire i vetri? No… ahahah!!!!
La forza che sento nelle attività di endurance non deriva solo dai miei muscoli ma anche da qualcosa che si è radicato nel tempo, nel profondo. La vita, non a caso credo, ha fatto incrociare il mio sentiero con quello di persone a me care colpite da patologie più subdole della mia e che ho perso strada facendo. Ho sbattuto testa e cuore nella loro sofferenza e negli angoscianti epiloghi. Mi sono rimasti messaggi di forza, tenacia e lucidità fino all’ultimo respiro. Il ragazzo che nella mia adolescenza ha fatto battere per primo il mio cuore: il suo osservarmi a lungo in un innocuo, autorevole e sacro silenzio… ha poi trovato un significato. Se ne è andato improvvisamente, a causa di una malattia di cui io ero ignara, in un caldo pomeriggio in cui dovevamo incontrarci…io avevo tirato bidone. Ultimo appuntamento in un’asettica camera mortuaria, accompagnata dai miei genitori. La zia Antonella: ha perso lentamente sotto gli occhi di tutti i suoi cari la sua autosufficienza; l’ironia però non l’ha mai abbandonata nemmeno nei momenti più difficili in cui uno avrebbe tutto il diritto di essere incazzato. Lilia non riusciva più a parlare ma comprendeva e i suoi occhi la dicevano lunga… E Cristian e Stefano. Ognuno di noi incrocia simili destini. Facciamone tesoro. Sono testimonianze che rappresentano carburante puro per chi resta. Possiamo decidere cosa farne di questi vissuti… possono essere trasformati in risorsa.
E io corro anche con loro. Quando pianto il bastoncino nella terra, nella roccia, la mia preghiera non si eleva tra le mura dei cimiteri ma lungo i sentieri aspri che si inerpicano fino alla vetta, dove tutti i “perchè” si dissolvono e trovano pace nel silenzio e nel vento.
Trail è fatica. E’ gratitudine verso la vita, in tutte le sue manifestazioni. E’ resilienza. E’ vita.
Trail è presa di contatto con tutto ciò che sono: Limite e Potenzialità, Corporeità e Spiritualità, Paura e Coraggio, Vulnerabilità e Determinazione.
Trail è Autenticità. E’ un viaggio tra Terra e Cielo, con potere catartico.
Credo di aver risposto a tutti i quesiti, miei e altrui. Soprattutto ai miei, che alla fine sono quelli che necessitano risposte senza maschere e senza filtri.
PARTE SECONDA: FACCIAMOCI UNA RISATA
Ore 4.00 suona la sveglia. Mi sveglio con un’insolita ed inspiegabile nausea fastidiosa… “Eh cazzo…” penso. Non do retta a questa cosa e procedo nelle cose che devo fare. Mi alzo alla svelta, glicemia, insulina, colazione, mi vesto. Il materiale, lo zaino sono pronti dalla sera precedente. Ore 5.00 parto in direzione Brentino Belluno: un po’ di sonnolenza guidando in autostrada… Ore 6.00 ritiro pacco gara e pettorale nella piazza del paese dove è allestita la partenza. Saluto Cristian Agnoli, speaker della manifestazione nonchè Presidentissimo di Diabete No Limits. Con calma mi dirigo al bar: caffè e puntatina in bagno dove con grande gioia mi scarico (partire con l’intestino libero è sempre una gran bella cosa!!!) Glicemie ottime, mi sento rilassata. Al parcheggio mi preparo. Ore 7.00 lo START (quota 200 m). Io parto sempre a metà del gruppo (sono un’atleta umile) e questo però spesso è penalizzante: anche sta volta dopo nemmeno 1 Km sono ferma in attesa che in una strettoia del sentiero la massa di gente fluisca… Dopo circa 2 Km riesco ad impostare il mio ritmo: la colonna di gente si è sfaldata.
I primi Km corribili, con lievi saliscendi permettono un buon riscaldamento prima di imboccare la salita. Quando la pendenza del sentiero costringe ad interrompe la corsa, inizio ad utilizzare i bastoncini. La nausea non passa… mi ripeto “L’energia segue il pensiero! Non rinforzare questo pensiero! Pensa alle buone sensazioni e la nausea passerà…” Riesco, nonostante la nausea, ad integrare senza problemi. Fa molto caldo: un caldo/umido di cui molte persone si lamentano. Io, che solitamente soffro molto il caldo, invece mi sento molto in forma: le gambe girano molto bene, imposto un ritmo aggressivo ma non esagerato (la salita è molto lunga e molto ripida nell’ultima parte…quindi non esagerare!) Ritmo costante. Glicemie nei renge e questo mi regala ulteriore tranquillità. Sento il piacere nel salire e nel sudare. Cielo velato/parzialmente coperto: “siamo fortunati”, penso dentro di me! “Ci fosse il sole sarebbe ancora più faticoso risalire!!” Dal 10° Km la nausea mi abbandona! “Evviva!” Oltrepasso diversi concorrenti affaticati e senza sosta (ai Ristori mi sono fermata eccome per idratarmi e mangiare!) raggiungo il Rifugio Telegrafo dopo 4 ore e 12 minuti di gara (23°Km – 2200 m di quota). Mi sento davvero energica. Una breve discesa abbastanza tecnica per poi salire nuovamente. Qui esce un po’ di sole: i miei compagni di risalita rallentano, io invece non mollo il ritmo…splendide sensazioni, a livello muscolare, mentale… movimenti ritmati, costanti ed armoniosi. Una bellezza! Ristoro al 28° esimo Km e si inizia a scendere. Immediatamente sento un fastidio intestinale che mi impedisce di correre come vorrei. “Kep Calm and Salviamoci anche sto giro”. Valutiamo attentamente, ascoltandoci. Nel frattempo mi raggiunge Nunzia (del bresciano, che ho conosciuto ad altre competizioni), condivido con lei il mio malessere. Procediamo assieme. A tratti mi pare passi il mal di pancia…poi torna…finchè le dico “Tu vai, io vedo se e come procedere.”
(PICCOLO INCISO: è da metà febbraio che accuso dolori intestinali che nei mesi più freddi ho attribuito a influenze intestinali o malesseri comunque stagionali, alternando stipsi ad episodi di dissenteria. Il disturbo, associato ad un dolore localizzato nel basso ventre, mi ha spesso impedito di correre in modo fluido e disinvolto soprattutto in discesa. Sono in attesa di fare degli accertamenti.)
Passa un’altra donna che vedendomi piegata sul mio ventre, si accerta delle mie condizioni e poi mi dice “Mi dispiace ma non ho l’Imodium con me!” La ringrazio, la saluto e la osservo con invidia mentre si diverte saltellando nella sua corsa.
Proseguo patteggiando con me stessa: “Arriviamo fino in fondo ma per riuscirci dobbiamo accettare il fatto che sta pancia non collabora, quindi per non star male e per finire la gara, scendiamo senza esagerare.”
Sto attraversando un prato pianeggiante fiorito, interrompo la mia blanda corsa…sento di avere un qualcosa in pancia che dev’essere espulso alla svelta… “Ma non ho con me i fazzoletti di carta per pulirmi!” … “Luisa, non fare la difficile: caga e poi pulisciti con delle foglie e via!” Mi apparto nel bosco, faccio quello che devo fare, mi tiro su la gonnella strafiga da Trail Running e via… “Avrò perso qualche minuto ma almeno adesso starò meglio” penso tra me e me…
Procedo sempre più piano alternando una blanda corsa alla camminata… in realtà non sto molto meglio… Al 40° Km mi stoppo: “Ok, adesso Luisa è arrivato il momento di fermarsi e ritirarsi. Non si può proseguire in questo modo.” Mi tolgo nervosamente lo zainetto, estraggo il cellulare e chiamo mio marito: “Michele, sono in prossimità dell’ultimo ristoro, a 8 Km dall’arrivo. La gara è andata benissimo ma in discesa la mia pancia ha iniziato a star male. Mi ritiro. Puoi venire a recuperarmi all’ultimo ristoro?” Lui non fa in tempo a rispondermi, in un secondo io mi trovo letteralmente nella cacca, fin giù alle ginocchia. Piango come una bambina, sgattaiolo sul ciglio del sentiero (a destra il bosco scende ripidamente, a sinistra c’è un metro scarso di spazio, poi il bosco sale ripidamente).
Il pianto di una bambina che chiede al telefono “E adesso cosa faccio???!! Son qui senza cambio, lungo il sentiero, chiunque passando vede in che condizioni sono…” Michele cerca di calmarmi, è in autostrada e sta per raggiungermi (non più all’arrivo come avevamo programmato!) Riprendo velocemente il controllo, riattacco il telefono: devo raggiungere il ristoro. Sopraggiungono due concorrenti che vedendomi lì ferma, in lacrime, mi chiedono cosa mi sia successo. “Andate vi prego, proseguite! Non fermatevi!” Loro insistono, vogliono sapere quale sia il mio problema. “Sono nella merda! Mi vergogno!” Fiumi di lacrime… (Oltre all’imbarazzo in me c’è anche la preoccupazione… non credevo di avere così tanta roba nella mia pancia!!!!!) I due carinamente: “Fregatene! Può succedere! Qui sotto c’è il ristoro, te la senti di raggiungerlo?” Annuisco. Estraggo dallo zaino una maglia nera a maniche lunghe e me la avvolgo in vita per coprire almeno in parte lo scempio ben visibile sulla mia bellissima gonna targata Salomon color fuxia e grigio…grigio chiaro…
A piedi scendo lungo il sentiero, molto lentamente perchè mi sento fiacca e priva di forze.
Vedo uno dell’organizzazione che risale il sentiero. Un gran bel ragazzo. Intuisco che i due tizi di prima lo hanno spedito a recuperarmi: sta cercando proprio me per offrirmi aiuto. Vorrei dileguarmi tra le foglie del fondo del bosco. “Sei tu che non stai bene?” mi chiede procedendo verso di me. Scoppio in un pianto isterico e gli grido “Non avvicinarti!” e lui gentilmente “Tranquilla!” e avanza. A questo punto il giovanotto va avvisato senza mezzi termini delle condizioni in cui verso: “No, non ti rendi conto! Sono piena di merda e puzzo!
Stammi lontano che mi vergogno!” E giù a piangere… Si arresta e mi invita a seguirlo. Scendo. Lui carinamente “Io all’Ultrabericus ho calato i pantaloni giusto in tempo… è capitato anche a me… capita spesso a chi pratica questo sport…” Altra crisi di pianto isterico della Campregher “Ma almeno tu sei arrivato a calarti i pantaloni!” e giù a piangere… Arriviamo in un punto in cui il sentiero incrocia la strada asfaltata: altri due uomini dell’organizzazione che ci attendono e… il fotografo!!! Il fotografo con in mano una macchina fotografica immensa… Lo siluro come a dire “Se mi scatti una foto, sei morto!” Abbassa l’attrezzo in un nano secondo. Mi offrono dello scottex e mi invitano ad appartarmi nel bosco per ripulirmi… accetto, appuntando però che ci vorrebbe un idrante più che un rotolo di scottex… Poi da sola mi avvio al ristoro. Chiamo anche mia mamma per avvisarla, senza allarmarla. Poi mi chiama mio fratello (in famiglia la notizia del mio ritiro ha fatto un rapido giro). Mio fratello: mi chiede come sto, io nel frattempo mi sono calmata, poi non si trattiene più e ride come un matto dicendomi “Scusa ma appena la mamma mi ha detto cosa ti è successo, io subito sono scoppiato a ridere!” Rido con lui.
Al ristoro aspetto Michele con Elia, preoccupato per la sua mamma. Mi ripulisco con dell’acqua sul ciglio della strada e raggiungo in auto Brentino Belluno, avvolta in una coperta a 4 strati dove riconsegno il chip e saluto Cristian che mi abbraccia, comprendendo e condividendo la mia amarezza per la chiusura della gara ma soprattutto la mia preoccupazione per la pancia.
Comunque, oltre al materiale obbligatorio, alla prossima competizione avrò con me un cambio, salviette, imodium… e un bel pannolone! Ahahah!!!
L’amarezza di un ritiro a soli 8 Km dall’arrivo dopo una gara che fino a quel momento avevo disputato sinergicamente da vari punti di vista: agonistico, metabolico, mentale.
Comunque… la mia mente vaga… e non ho ancora abbandonato il sogno del mio obiettivo estivo… Il tempo ci dirà poi se si concretizzerà oppure se dovrà essere posticipato al 2019.
METABOLICAMENTE
DM1 dal 1982
CELIACHIA (dieta senza glutine)
Da diversi anni l’emoglobina glicosilata si aggira su valori non superiori a 7,4 (nel 2017: 6,8).
Gli esami fatti a fine aprile 2018 indicano che adesso il valore è salito a 8 (conseguentemente alle frequenti iperglicemie probabilmente scatenate anche dai malesseri di cui ho accennato precedentemente e che necessitano di una diagnosi nonché di un adeguato trattamento se necessario).
TRESIBA 13 U
IN GARA HO USATO IL SENSORE PER IL MONITORAGGIO CONTINUO DELLA GLICEMIA FREESTYLE LIBRE
IL GORNO DELLA GARA