Luisa Race Report _ 6 maggio 2018
Val di Concei-Arco • Garda Trentino • 42 k 2400d+
“NON ESISTE CIRCOSTANZA, NE’ DESTINO, NE’ FATO CHE POSSA OSTACOLARE LA FERMA RISOLUTEZZA DI UN ANIMO DETERMINATO.” Ella W. Wilcox
E’ lunedì 7 maggio, sto lavando i piatti in cucina e il mio bambino, Elia (7 anni – seconda elementare), si siede in salotto per iniziare a fare i compiti. Apre il quaderno, legge velocemente la consegna e immediatamente mi chiama: “Mamma, vieni ad aiutarmi! Non so come fare!!!” Mi volto, lo osservo senza dire nulla e lui dal mio sguardo già intuisce che non ho nessuna intenzione di aiutarlo. “Elia, sabato quando la mamma era in difficoltà durante la gara chi c’era ad aiutarla?! Mi sono fermata al primo dubbio, problema, difficoltà?! Prima si cerca un modo per affrontare la situazione, con la propria testa e con le proprie capacità, e poi, se proprio non si trova una soluzione, si chiede aiuto a qualcuno. La mamma è qui…desidero che tu lavori da solo: è troppo semplice affidarsi subito a qualcuno senza aver fatto dei tentativi… Sabato la mamma voleva ritirarsi dopo i primi Km di gara: credevo di non farcela a proseguire perchè non mi sentivo tanto bene ma ci ho provato, anche se a fatica. E poi senza scoraggiarmi ho affrontato tutta la gara e procedendo le sensazioni sono cambiate, erano buone, mi sono anche divertita e all’arrivo ero felice soprattutto per non aver rinunciato, per non essermi demoralizzata e arresa.”
Non si cresce senza affondare nelle difficoltà, senza annaspare in acque mosse o addirittura tempestose. E questo vale anche per i nostri figli: li aiutiamo davvero nel momento in cui stiamo in disparte, come attenti osservatori, frenando il nostro istinto interventistico, e fiduciosi consentiamo loro di fare qualche bracciata in mare da soli, anche a rischio di bere un po’ d’acqua per poi imparare a galleggiare, ognuno con i propri tempi, senza fretta e senza troppe aspettative.
La frustrazione che si sente quando ci si trova in difficoltà attiva risorse che nemmeno immaginiamo di avere dentro noi stessi. Il Trail mi fa sbattere il naso sempre contro questa certezza. E quando taglio il traguardo la mia commozione deriva proprio da questa consapevolezza ormai assodata ma al contempo sempre nuova.
Elia ha svolto il suo compito autonomamente. Mi sono avvicinata a lui quando il compito lo aveva terminato: egli stesso era compiaciuto e soddisfatto.
PREMESSA
Il 2017 è stato l’anno in cui mi sono dedicata a diverse gare accumulando crescenti soddisfazioni nel Trail. A novembre ho avviato la mia attività di libero professionista e gli allenamenti nei mesi invernali sono stati molto blandi. Ho ripreso ad allenarmi, fissando qualche obiettivo agonistico, a metà febbraio. Da allora si sono acuiti alcuni disturbi fisici che hanno spesso reso difficoltosi gli allenamenti e hanno determinato un peggioramento nell’andamento glicemico (quando non si sta bene le glicemie sfuggono…ed è il caos!) In aggiunta frequente ipotensione (84/60) che ha causato ulteriore malessere. Sono comunque riuscita ad allenarmi ma non è stato tutto semplice e lineare. Attualmente sono in attesa di fare degli accertamenti.
LA GARA
PRIMO ERRORE: CREDEVO CHE DOPO I PRIMI KM DI MOVIMENTO LA GLICEMIA SAREBBE SCESA SENZA BISOGNO DI INSULINA RAPIDA AGGIUNTIVA. VEDENDO, TRAMITE IL SENSORE, CHE LA GLICEMIA NEI PRIMI KM NON SCENDEVA (ANZI SALIVA) AVREI DOVUTO FARE UN’AGGINTA DI INSULINA TEMPESTIVAMENTE. MI SARI EVITATA MEZZA GARA IN IPERGLICEMIA!
Partenza da Lenzumo di Concei (426 m s.l.m.)
I primi 3 Km su sterrato con un irrilevante dislivello, prima di iniziare la prima salita.
Durante i primi Km ho avuto pessime sensazioni e infatti ho progressivamente perso posizioni: gambe dure, rigide, pesanti, la terribile sensazione di non avere forze. Parallelamente, senza bisogno di conferme da parte del glucometro (ho comunque verificato con l’uso del sensore Freestyle Libre che la glicemia era alta e non accennava a scendere, anzi, il trend era in leggero aumento) percepisco un repentino innalzamento della glicemia: bocca estremamente secca, stanchezza, gambe che non girano. Immediato il pensiero: “Devo valutare la possibiltà di ritirarmi subito” (non per l’iperglicemia ma per il fatto che non sento buone sensazioni e non sto procedendo come è mio solito fare). Ma la “soluzione” mi pareva alquanto avventata. Mi sono chiesta anche se, per contro, desideravo proseguire per puro orgoglio, senza accettare la mia oggettiva difficoltà del momento che mi impediva di correre come sono abituata a fare. Prima regola: essere Responsabili, quindi valutare bene se e perchè eventualmente ritirarsi. E’ arrendersi al primo ostacolo oppure è accettare magari semplicemente una giornata “storta”? E’ presto per dirlo, delibero. E proseguo nel mio lento avanzare, senza pretendere nulla di più in quel momento da me stessa. Rispetto verso se stessi.
Inizia la prima salita che affronto con il supporto dei bastoncini: non mi sento ancora in forma ma mi sintonizzo su un ritmo che mi regala qualche piacevole sensazione. In cima alla salita il ristoro presso Rifugio Pernici. Piove. Mi fermo: sia il sensore che il prelievo capillare indicano una glicemia alta. Mi somministro un’aggiunta di insulina rapida, mangio mezza banana (penso tra me e me che quando l’insulina inizierà a fare effetto, congiuntamente al movimento, integrerò ulteriormente).
QUI IL SECONDO ERRORE: AVREI DOVUTO FARE 2 SE NON ADDIRITTURA 3 UNITA’ DI INSULINA RAPIDA PER INTEGRARE SUBITO CON CIRCA 35 g CHO (mezza banana è pochissimo!!!)
Inizia la prima discesa: pochi metri ed atterro con le chiappe nel fango (iniziamo bene…!)
Proseguendo sento che le gambe rispondono e la sensazione di stanchezza e pesantezza è svanita. L’idea del ritiro non mi appartiene più. Nonostante l’aggiunta di insulina, la glicemia si mantiene alta (ho conferma dal sensore e anche dalle glicemie capillari). Devo integrare per bene per proseguire e quindi al ristoro successivo (Castello di Tenno) altra aggiunta di insulina e mangio. Finalmente mi sento in forze, la glicemia inizia a scendere. Integro ogni ora senza bisogno di altre aggiunte di insulina.
La seconda salita la affronto con piacere. Si passa da Rifugio San Pietro. Recupero posizioni. L’ascesa a Cima Biaina è rallentata in alcuni punti che precedono la vetta dai partecipanti della 26 Km, partiti da Tenno. Nei punti più ripidi percepisco che non accuso stanchezza e questo mi sprona ad affrontare l’ultima parte di gara senza risparmiarmi. Purtroppo da Cima Biaina dovrò invece fare i conti con l’ultima discesa impegnativa, lunga ed interminabile, scivolosa, nella quale la Campregher ha sfoggiato abilità e destrezza… cado con un tuffo in avanti sbattendo e sbucciandomi il ginocchio destro: mi rialzo, mi do un’occhiata: infangata a questo modo mi pare di essere la moglie di Rambo… sono ancora tutta intera… La discesa fino all’Olivaia di Arco: gli ultimissimi Km tra gli uliveti con qualche strappo di salita…(nei quali credevo di vedere Gesù Cristo dalla fatica…!)
Poi si inizia a correre tra le stradine di Arco e l’arrivo è ormai vicino. La fatica, prima mentale e poi fisica, lascia spazio solo al mio sorriso e allo stupore di aver tenuto testa in un momento di vera “crisi”.
Arrivo ad Arco (90 m s.l.m.)
15esima su 37 donne
92esima su 206 atleti arrivati
Rispetto all’8° km, durante la gara ho recuperato 54 posizioni.
METABOLICAMENTE
DM1 dal 1982
CELIACHIA (dieta senza glutine)
Da diversi anni l’emoglobina glicosilata si aggira su valori non superiori a 7,4 (nel 2017: 6,8).
Gli esami fatti a fine aprile 2018 indicano che adesso il valore è salito a 8 (conseguentemente alle frequenti iperglicemie probabilmente scatenate anche dai malesseri di cui ho accennato precedentemente e che necessitano di una diagnosi nonché di un adeguato trattamento se necessario).
Terapia
TRESIBA 13 U
NOVORAPID colazione 1:12, pranzo 1:12, cena 1:15