DNL@BvGTRAIL2016 - Salò>Limone (BS) | 9 Aprile 2016

CRISTIAN @ BVGTrail

Cristian Report @ BVG TRAIL

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Ultimo km (foto by Luisa)

Issimo non est disputandum?

My Bvgtrail…. 10 ore e 53 minuti per i 74 k e 4300 d+. 49° assoluto su più di 300 iscritti (non so quanti partiti e quanti arrivati) … siamo sempre “esimi ed ennesimi” … tempi e posizioni, parametrati, servono solo per farci capire la “misura” e di dare a TUTTO il giusto peso.
A questa competizione sono legato “affettivamente” avendo concorso, nel recente passato, alla sua nascita. E dunque mi sembrava l’occasione giusta per il mio “ritorno al trail di lungo corso”.
[a questo link è possibile leggere il “commento autorevole” di doc Andrea Benso alla prova del presidentissimo]

Atleticamente: Mi sono presentato al via con una buona preparazione di base, zero acciacchi, forse con un paio di lunghi consistenti un po’ troppo ravvicinati, ma così è se ci pare. Disquisizioni più esaustive su questioni prettamente atletico-metaboliche e su resilienza, persistenza e endurance nella sezione relativa alla mia preparazione di 6 mesi alla PTL (vedi link – work in progress]
Da due anni, in ambito competitivo, non concludevo un trail con queste caratteristiche.
Il rientro alle gare non è sempre facile anche per chi come me ama i lunghi percorsi e suppone di sapersi gestire maturando esperienza in allenamento: le cose un po’ cambiano e non è semplice essere avulsi dal contesto.
Pur avendo ripreso a correre solo a metà gennaio, dopo aver risolto i miei problemi alla schiena, avverto già buone sensazioni e velocità forse premature per questa fase: quindi alla gara come alla gara… 95% umiltà ma un 5% di ambizione me la sono concessa.
Prima della partenza avrei fatto la firma per chiudere con questo crono. A cose fatte, ho qualche rammarico, ovvero potevo e dovevo fare meglio.
I miei punti di riferimento sono arrivati un’ora e più avanti a me , e alcuni atleti, cui mi ritengo superiore, mi hanno preceduto dai 10 ai 20 minuti. Che dire, bravi loro, somaro io.

Per come giravano le gambe, credo avrei dovuto e potuto chiudere, a parità di condizioni, sotto le 10 ore e trenta.
Purtroppo nella mia meticolosa preparazione dello zaino (mammut mtr201), ho apportato una modifica applicando un astuccio sulla parte anteriore, che, per evitarne lo sballottamento, necessitava di tenere più strette le fascette all’altezza del petto. A lungo andare, ciò mi ha provocato un forte senso di costrizione su cassa toracica e diaframma che mi hanno debilitato. Avvertivo sensazioni tipiche della nausea da crisi: anche se le gambe erano a posto, subivo i tratti ripidi e non riuscivo a spingere come volevo.  Però ogni volta che toglievo per pochi minuti lo zaino (ristori completi), stavo subito meglio. Quindi mai fare modifiche “last minute”. In realtà ho compreso il tutto a fine gara ragionando a ritroso. E vabbuò.
Nei primi 25 km di gara ho sostenuto un ritmo un pelo eccessivo, anche se dopo la prima salita ho corso in decontrazione lasciandomi superare. Ho subito un po’ la prima salita, in particolare a metà. Dal gpm di Brione e dal ristoro con pasta e musica popolare mi sono ripreso discretamente. Non sono mai riuscito ad aggredire le salite, sia quella al Monte Cas, sia la lunga risalita dalla Forra di Campione a Bocca Nevese: le gambe mi dicevano di andare, la costrizione alla cassa toracica di rallentare. Bene nei tratti roulant. La conversazione con alcuni occasionali compagni di trail mi ha aiutato a sentire meno la fatica.
Nel finale di gara la spinta in più mi è venuta dal supporto dei DNL Docs Mario e Andrea che mi hanno intercettato in un paio di punti.
Per onorare la gara ho volutamente azzardato un’accellerazione sull’ascesa al Bestone ma con 15/20 minuti di “fuori giri” mi sono giocato le gambe. Discesa a valle, ma senza riuscire a lasciarmi andare come vorrei, perdendo un paio di posizioni.
Ho sempre controllato le difficoltà, nel senso che sono calato ma non sono mai crollato.
E alla fine sono sono giunto al traguardo in stato più che accettabile… muscolarmente stanco, ma mentalmente lucido.
Ho così potuto godere dell’acclamazione dei supporter DNL e della mia famiglia al completo. Piccole soddisfazioni ma ritrovare i propri affetti alla fine di un lungo viaggio della fatica è sempre una bella emozione!
“Ti sei divertito?” – mi ha chiesto la mia compagna all’arrivo – “Sì, ma meno di quello che speravo” – le ho risposto io!

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The Family Finisher

 

Metabolicamente: nel mio book metabolico (vedi sotto) ho raccolto al meglio delle mie limitate capacità i dati salienti relativi alla mia gestione.
Ecco alcune considerazioni su cui sollecito al ragionamento, sempre senza pretesa di verità.
Quando si tratta di:

  1. a) endurance o ultra endurance;
    b) sequenze e variazioni di ritmo e intensità (lento, medio, veloce, fuori soglia) distribuite su più ore;

… I consumi energetici sono decisamente aumentati e l’integrazione non può limitarsi a piccoli bocconcini da assumere regolarmente: si rendono necessarie assunzioni di “cibo” più importanti, per tanto una maggior “insulinizzazione”, non solo basale.

Avendo verificato in allenamento, che con partenza a digiuno e con glicemia entro i range (80-120) comunque avevo risposte tendenti all’iperglicemia nelle prime ⅔ ore di attività fisica, ho preferito questa volta partire con più insulina on board (non solo basale), ovvero una coda di bolo (a 2h15 dalla colazione) e senza aspettare le “fatidiche” tre ore.
Insomma la mia tattica prevedeva di sfruttare la coda residua dell’analago ultrarapido per contrastare gli effetti adrenergici  e allo stesso tempo meglio metabolizzare le integrazioni assunte nell’immediato pregara e nel durante.
Pur avendo gestito correttamente la conta dei carboidrati a colazione, non sono riuscito a evitare picchi iperglicemici nelle prime due ore dove ho superato per qualche decina di minuti quota 300 mg/dl. Altro che rischio ipo!
Prima dello start, in griglia, ho assunto il beverone “Abbott Ensure Plus”, un pasto sostitutivo da quasi 40 cho a lentissima assimilazione. Ero convinto che la sinergia insulina basale standard, coda di bolo e attività fisica mi avrebbero permesso di gestire al meglio le risposte glicemiche. Invece mi ha sparato su. E con il sensore non ci sono storie … quello è.
Dalla  3a 4a ora in poi di gara le curve si sono normalizzate senza eccessivi picchi e pur avendo ridotto di un 40% la seconda iniezione di basale (4 unità anzichè 7) sono riuscito a mangiare, a gestire discretamente le glicemie e portare a casa una prestazione atletica in linea con il mio potenziale.
Cosa concludo: devo smentire la massima di Andrea Guerra, “una unità in meno e un dente in più” (concetto comprensibile solo a chi conosce il soggetto).
Per me è necessario “avere più insulina a bordo” nell’endurance d’impegno agonistico:  maggior basalizzazione, maggiori rifornimenti energetici e maggior attenzione al ritmo sostenibile sull’arco delle 8-10 ore e più a seconda della durata. Se dovessi tornare indietro farei forse una colazione con un paio di unità in più e non in meno nel pregara.   Insomma per mè “più unità e più denti”, ovvero più insulina in gara e mangiando di più con una strategia da applicare A PRESCINDERE dalle glicemie. Se ho bisogno di tot energia, la devo assumere e casomai adeguare l’insulinizzazione per riportare il compenso entro range accettabili. Un’ora di corsa perdona, una gara di endurance no. E non mi riferisco solo al durante, ma soprattutto al dopo ovvero al recupero e al ritornare ad allenarsi con profitto nel giro di 24-48 ore.

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Osservo anche come i “bioritmi” alla mattina e al pomeriggio siano diversi. Anche se il nostro è un metabolismo “modificato” dall’insulina esogena, credo che sia inoppugnabile un diverso modo di reagire del nostro corpo nella fase mattutina rispetto alla pomeridiana e serale. Chi fa prove che occupano l’intero arco della giornata ne deve tenere conto,
Dopo 5 e più ore di sforzo continuativo, che nel mio caso hanno coinciso anche con la ribasalizzazione (seconda iniezione di detemir), il binomio basale-attività fisica basta ad assimilare importanti integrazioni senza eccessivi picchi purché si abbia il tempo di smaltirli
Ovvio che se prendo 20 gr di cho a 30 minuti dalla fine può capitare di arrivare a fine gara con una glicemia appena fuori range. Nel mio caso 163 mg dl.
Confermo la difficoltà nel gestire le glicemie nell’immediato dopo gara ovvero nel senso che rimane una atavica tendenza “prudente” al bolo, quando invece dovrei applicare la mia terapia standard. Un po’ perché ai pastaparty è difficile porzionare con decisione, un po’ perché la fame è tanta, nel dubbio, anche qui, una unità in più. Niente braccino.
Casomai, sempre nella mia personalissima e dunque non necessariamente replicabile esperienza, è bene stare attenti dopo qualche ora, quando, magari anche perché si smanetta un po’ troppo sulle correzioni per gestire qualche iper sgradita, si rischia di finire bassi in notturna.
Un po’ per stanchezza, un po’ per lassismo da dopo gara, ci ho messo 2-3 giorni a ritrovare il buon compenso delle settimani precedenti.
C’est la vie e per noi #ditipo1 ( e non solo) fare cose complesse significa necessariamente gestire la normalità.

La pratica sportiva di endurance e la regolarità negli allenamenti, diversamente dallo sport occasionale oppure costante ma di breve durata, richiede a mio avviso che ci sia coincidenza tra buon compenso e prestazionalità.
Mentre se corri un’ora te ne puoi fregare, perché ci sono le altre 23 ore su cui lavorare e dunque non mi sembra il caso di scervellarsi troppo sulle risposte glicemiche, quando la prova dura 10-12 ore e durante la settimana ci si allena da un minimo di 90 minuti financo a parecchie ore è bene fare più attenzione al buon controllo glico-metabolico investendo l’attività fisica una dose massiccia del nostro tempo di vita e dunque influenzando in maniera determinante la nostra glicata.
Ciò detto credo che “non siamo la nostra glicata”, ovvero un numerino che dice molto, ma non dice tutto sul reale benessere della persona (e varia molto da laboratorio a laboratorio … i). Ribadisco l’importanza di ricercare il compenso nell’attività fisica quanto più essa fa parte del nostro quotidiano. Ovviamente sempre senza farsi troppe pippe mentali. Però il “machissenefrega” a me non piace.
Sto scrivendo di pratica sportiva a insulina esogena, ovvero di “modificatori metabolici” che sono considerati doping, anche per chi li deve usare come “farmaco salvavita a vita”, senza alternative e con diagnosi inoppugnabile certificata dal sistema sanitario nazionale, a referto con tanto di esenzione e che compare sui terminali degli ospedali quando prenoti una qualsiasi prestazione.
Eppure tutto ciò sembrerebbe non bastare ad esentare l’atleta con diabete di tipo 1, anche un amatore, dalla complicata e a nostro avviso pure “malfatta” procedura per l’esenzione a fini terapeutici in ambito CONI WADA etc. Insomma cari lettori DNL, se partecipate a una gara, ammesso e non concesso che i controlli antidoping siano in grado di individuare le insuline che utilizziamo, sappiate che siete passibili di squalifica con tutte le conseguenze del caso.
A breve su DNL un articolo serio e approfondito sull’argomento e un piccolo vademecum ben circostanziato previo consulenza con esperti del tema.
E poi a noi decidere come procedere (visto che ANIAD, Diabete Italia e gli altri che di questo si dovrebbero occupare in maniera PROFESSIONALE non nè parlano perchè ci vogliono solo “campioni per caso”, staffettisti solidali o praticanti di fitness metabolica. E il Team Novo Nordisk cosa fa? Perchè non ce lo raccontano. Sui contenuti veri tutti zitti. Ma quando c’è da fare la campagna di sensibilizzazione, la comparsata in tv, la rassegna stampa e chi più ne ha più ne metta, tutti in prima fila! Bravi, ma c’è molto di più da fare, e chi ha i mezzi per farlo, dovrebbe investirli in queste cose!).

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Il sottoscritto con Franco Ghitti, cui qualche anno fai bussai alla porta per proporre di fare un trail sulla Bassa Via del Garda

Mentalmente … la testa c’è, mi pare. Commetto sempre qualche eccesso di “generosità” nel senso di voler onorare la corsa più di quanto il mio potenziale permetterebbe, ma questi sono errori veniali.
“E’ solo una questione di testa … tutto il resto è conversazione?” – non arrivo ad affermare tanto perchè a mio avviso prima vengono altre cose: genetica e preparazione atletica. La testa serve ad accettare e comprendere i nostri limiti fisiologici e provare ad arrivarci vicino o poco oltre.
Ultimamente vanno di moda life coach, mental coach, studi sull’importanza dell’intelligenza emotiva. Per carità, non ho approfondito, magari questi supposti espertoni di controllo delle emozioni sono dei geni e gli daranno il nobel per la medicina, ma a me sembrano tutte fregnacce…. “la forza mentale è l’insieme dei processi mentali emotivi individuali relazionali che accompagnano, rafforzano e migliorano la prestazione sportiva sia in termini di valorizzazione dell’allenamento sia in termini di bla bla bla…” cioè ma cosa acciderbolina vogliamo dallo sport … se perché mi metto in mente che voglio fare l’ “ultratrèil” c’ho bisogno pure del life coach, dell’emotional coach, dello psicologo … secondo me quando l’ansia da prestazione diventa ingestibile, ovvero pregiudica in maniera radicale il tuo approccio allo sport, meglio rinunciare. Ma perché dobbiamo fare le cose per cui non siamo stati educati/formati … insomma capisco se a gestire le emozioni è un top runner , ma se parliamo dell’ennesimo “esimo” in classifica forse stiamo perdendo il senso della misura.
Comunque avanti … c’è posto per tutti … io spero di continuare a sbagliare con la mia testa e a lasciare che le emozioni siano tali, emozioni. Intelligenza emotiva, forza mentale … sì per carità, ma qui parliamo di  patologizzazione ossessiva della pratica sportiva non di ordinaria e sana passione.
Ma lo sport non è una festa della fatica che contempla successo o fallimento senza finire sull’orlo di una crisi di nervi?
E invece no, diventa, a qualsiasi livello, il nostro unico modo per dimostrarci che valiamo qualcosa … mamma mia su quanta pochezza si basa la nostra autostima.

Sto bene, ho voglia di correre e per ora ginocchia e schiena sembrano reggere.
Spero non sia una parentesi breve. Devo ricordarmi che il mio obiettivo 2016 rimangono i lunghi percorsi e dunque ritrovare un po’ di performance e atletismo non mi deve distogliere dall’allenare le caratteristiche necessarie a chiudere la PTL e a non farmi prendere dalla bramosia di dover dimostrare qualcosa su distanze più brevi, anche se mi sento in forma. Il mio obiettivo è curare la persistenza e l’adattamento fisiologico alla ultra distanza, alla privazione di sonno, all’autosufficienza e alla capacità di risorgere e morire più volte.
Quante cose chiedo al mio fisico provato dal tempo che passa. Ma ne vale veramente la pena?
Finchè mi diverto e guardandomi allo specchio non mi spavento sì.
Sempre se non mi beccano all’antidoping … Ma anche qui scoperchieremo il pentolone!

Equipaggiamento:

Maglia Vintage pura lana Vergine U.C. Palazzolo 1978
Sottomaglia Q36.5
Pantalone Raidlight Short-Trail
Sottopantalone X-Bionic Compressor
Calza Asics
Scarpa Tecnica 3.0
Zaino Mammut MTR201 7L
INTEGRATORI AL SEGUITO
2 ENERVITENE PRE 45 CHO
1 GEL DEL MARELLI 50 CHO
1 BARRETTA ENERVIT 16 CHO
1 PANINO DA 100 GR DI BRESAOLA E GRANA DIVISO IN DUE PEZZI (60 CHO)
1 BEVERONE ABBOTT ? (38 CHO)
1 MINI COCA (17 CHO)
3 CARAMELLE (15 CHO)
1 PACCHETTO DI CRACKERS

FARMACI:
2 BIOCHETASI
1 SINFLEX
2 PENNE INSULINA (UR E BASALE)
3 AGHI
4 STRISCE PER GLUCOMETRO/SENSORE
CEROTTO VESCICHE
NELLO/SULLO ZAINO
BORRACCIA 0,75 + BOTTIGLIETTA 0,25/0,33
SENSORE FREESTYLE
CELLULARE (AGGIUNTO BORSELLO DAVANTICAZZO!)
TELO EMERGENZA
2 LAMPADE TYKKA
1 MAGLIA (MONTURA MERINO)
1 MORF
1 PAIO DI CALZE
1 FUSEAUX ACCAPI
1 PANTALONE ANTIVENTO
1 GIACCA GORETEX