Cycling Cote d’Azur

Ruote d'Autunno • 12>17 novembre 2019

DISCLAIMER: Cronaca di una viaggio breve d’autunno a colpi di pedale svoltosi dal 12 al 19 novembre 2019 e redatta ai tempi del lockdown da Covid-19, dunque trattasi di cicloviaggio effettuato prima del DPCM del 04-03-2020.

Premesse d’autore

I viaggi veri sono altra cosa … ma per chi tiene famiglia o lavoro, e di professione non fa il cicloviaggiatore, è dura allontanarsi dal proprio focolare per settimane o mesi. Già ottenere un lascia-passare da cinque giorni e mezzo, è frutto di trattativa fiume.
Impegnandosi un po’, dunque, e con il benestare della propria consorte, si possono progettare piccole avventure su due ruote anche a novembre, anche a quaranta primavere suonate e più, anche in soli cinque giorni. E trovare pure qualcuno disposto a farti compagnia.
Viaggio condiviso in gruppo (Pèloton) d’autunno (pèlo-tomne?) e in bici (Vèlo-tomne?) …  giochi di parole e francesismi a profusione. Peccato che dovevamo essere in cinque, ma poi ci siamo ritrovati in tre (Cristian, Alberto e Max) per la defezione di Alessandro (lavoro/famiglia) e Gus (incidente in bici).
Tre is meglio che ONE, ma “Cinq” sarebbe stato meglio che “trois”.
Luogo prescelto il Sud della Francia, nello specifico la regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, confidando in temperature mitigate dal mare, finestra di bel tempo, strade panoramiche, borghi caratteristici e varietà di situazioni (mare-campagna-montagna, spiaggia-città d’arte-natura, sole-neve-pioggia etc.) a distanza di pochi colpi di pedale.
Ruote d’autunno dunque per le strade francesi, in cerca di panorami, profumi, stradine e luoghi iconici, non senza disdegnare qualche passaggio intorno ai mille metri di quota, neve e temperature permettendo.


Il viaggio parte dalla Costa Azzurra, ambisce ad arrivare fino alla Camargue sempre lungo la costa e da qui attraversare il cuore della Provenza, svisando tra promontori e media montagna del Luberon, lambire gli orridi delle Gorges du Verdon fino a ridiscendere lungo la Route de Napoleon dalle Alpi Marittime al Mediterraneo.
Nizza è raggiungibile in poche ore di auto da Verona.
A novembre le ore di luce sono poche e vanno sfruttate tutte. Nell’equipaggiamento anche luci posteriori e frontali, per eventuali fine tappa al crepuscolo. Nel bagaglio capi invernali adatti ad affrontare situazioni estreme, speranzosi di aggirare le perturbazioni.
A differenza degli anni passati, quest’anno avevamo destinazioni prefissate con alloggi prenotati: ogni fine tappa doveva essere raggiunto a prescindere, by fair o unfair means. A noi  giorno per giorno scegliere l’itinerario migliore o, come extrema ratio, sfruttare mezzi pubblici che consentissero il trasporto bici in caso di imprevisti o ritardi.
Prenotazioni rigorosamente in strutture alberghiere basiche (al limite della bettola) per contenere i costi e massimizzare lo spirito di adattamento … no sticky bikers!
Non siamo dunque schizzinosi, ma nemmeno così coraggiosi da azzardare il campeggio libero invernale. Ma prima o poi ci arriveremo! Parola di lupetto!
Poche regole d’ingaggio chiare tra i tre partecipanti: pedalare tranquilli, godersela e niente sfide a chi va più forte. Grazia, eleganza e modi garbati, in sella e giù di sella. Stop!

Riepilogo tappa per tappa

 

12 novembre 2019 • Tappa 0 • “Destinazione Costa Azzurra”

Trasferimento in auto 4×4 da Garda a Nizza, alla fine la scelta più economica e funzionale per contenere costi e tempi di trasferta.
Mezzo prescelto il possente Iveco Massif di Cristian, matricolato nel 2009 e ad oggi ancora funzionante e sufficientemente affidabile, soprattutto dopo il rifacimento della frizione e la sostituzione del costosissimo motorino dei tergicristalli (sappiate che le auto fuori produzione come questa hanno perso subito valore, ma adesso lo stanno riguadagnando perchè non si trovano più i pezzi di ricambio e quando si trovano si pagano a prezzi d’oro. Il mio meccanico teme addirittura che prima o poi mi sarà rubata per questo motivo: il riciclaggio dei pezzi di ricambio!).
Garda OUT 18.15 di martedì 12 novembre. 18.45 al domicilio di Alberto. La Cannondale Slate trova spazio nel bagagliaio senza bisogno di smontare le ruote, mentre la Cinelli Bodo di Alby va sul portabici da gancio traino.
Alle 19.30 circa siamo a Manerbio dove all’uscita della A23 raccogliamo Max e la sua Cinelli fotocopia che trova il suo posto esterno.
Borse e accessori nel capiente bagagliaio accessibile dai vani posteriori.
Comodi comodi il trio è ora unito e affiatato. Il viaggio procede liscio nonostante l’Iveco Massif non sia la più silenziosa e confortevole delle autovetture. Però in sesta marcia ai 110 allora quasi non si percepiscono le vibrazioni e le balestre rigidissime si difendono bene sul fondo liscio dell’asfalto.
In zona Savona unica sosta consentita. Autogrill, Autogrill. Venti minuti di pausa e poi via. Radio 24 e la Zanzara, GR24, Effetto notte fino a quando si prendono solo emittenti francesi.


Traffico zero, sconfinamento piuttosto veloci. La gendarmeria francese ci lascia passare con un cenno di saluto.
Usciamo in zona Nizza aeroporto in cerca di un posto dove posteggiare l’auto per i prossimi cinque giorni. La ricerca non è così semplice. Alla fine ripieghiamo in zona Cagnes sur Mer dove dopo aver girato a vuoto parecchie volte, troviamo uno spazio gratuito a righe bianche in una piccola viuzzola della zona residenziale: rue Ziem.
Apriamo la tenda da tetto dove si infilano Alberto e Max, mentre io gonfio un materassino sagomato per i sedili posteriori e mi corico dentro l’auto nel mio sacco a pelo di piuma.
Ogni movimento fa cigolare le molle delle balestre. Solo poco prima delle due ci si addormenta, ognuno con i suoi sogni, ognuno con i propri pensieri. Nei nostri gusci cerchiamo di goderci al calduccio le poche ore di sonno.

13 novembre 2019 • Tappa 1 • “Sul Litorale”
Cagnes sur Mer > Hyères 145k 1000+

Solo alle 7:52 siamo in bici con una buona mezzora di ritardo sui tempi paventati.
Il risveglio dei sensi e della lucidità è la cosa più difficile.  Siamo tutti cicloviaggiatori occasionali: a distanza di un anno dall’ultima esperienza, mancano gli automatismi che si sviluppano solo dopo giorni e giorni consecutivi di pratica ciclistica d’avventura.
La verifica di bici ed equipaggiamento del primo giorno è fondamentale, perché non bisogna dimenticare nulla, tipo la chiave del lucchetto del borsello anteriore, vero Bru?
Ben vestiti, scendiamo sul lungomare tra vicoletti, rotonde e ciclabili. Ci auguravamo un novembre più mite. La giornata tuttavia promette bene: cielo azzurrissimo. Costa azzura di nome e di fatto.
Ciclabile del lungomare affollata da pendolari ciclisti così come le strade dagli automobilisti. Così sarà per la prima ora sui pedali.
Tappa prevalentemente pianeggiante e costiera. Dobbiamo smaltire la trasferta e il sonno breve e di cattiva qualità, oltre a prendere confidenza con il mezzo appesantito dai bagagli e dare il tempo al fisico di abituarsi al pedalare dalle 8 alle 10 ore al giorno.


Quindi andiamo per gradi. Siamo tutti allenati, ma nessuno di noi è ciclista sfegatato con migliaia di km nelle gambe… anzi!
Antibe e Juan les Pins sono davvero piccole perle della Costa Azzurra, cui segue l’attraversamento di Cannes, trafficata come mai. La Croisette è tutta per noi. Il nostro red carpet è tuttavia l’asfalto.
Il tratto più spettacolare inizia proprio dopo Cannes, ovvero da la Naupole dove ci concediamo una breve pausa per prepararci dei panini e farci servire un cappuccino con croissant al tavolo, nonostante i proibitivi prezzi francesi.
Proseguiamo lungo la route du Corniche d’Or strada costiera a ridosso del massiccio dell’Esterel, tra saliscendi mai veramente impegnativi, poco traffico, tanti ciclisti, sole e viste spettacolari.
Il rosso dei basalti e rioliti. Il verde, del corbezzolo e della macchia mediterranea. L’azzurro del mare. La tavolozza è composta. Il mare a novembre. E’ tutta una questione di …. sole!
La navigazione risulta piuttosto semplice, tra mappa cartacea e Google Maps anche se l’app di Mountain View, California, in modalità bici talvolta ti fa girare a vuoto e non segue la via più ovvia.
In scorrevolezza arriviamo a St. Raphael e dunque a Saint Maxime per una brevissima sosta al supermarket e così fare scorta d’acqua. Poche infatti le fontane a vista.
Entriamo nel dipartimento del Var con 100 km a curriculum.
Abbandoniamo la litorale, proseguendo all’interno solamente perchè è la via leggermente più breve e dopo tanta vista mare vogliamo provare i paesaggi bucolici ai piedi del Massiccio dei Mori (Maures). Scelta solo parzialmente azzeccata: i primi 20 km della D98 sono su uno stretto stradone dritto dritto tutto in falsopiano trafficatissimo con “pois lourds” a farti il pelo. Grazie agli specchietti da manubrio Cristian tiene d’occhio e anticipa l’arrivo dei camion.
Da Cogolin fino a La Mole dunque non proprio “carino”.
Entriamo poi nei boschi della Foret du Dom e continuiamo a guadagnare quota salendo a gradoni e progressivamente fino a scollinare, udite udite, ai 192 mt di quota del Col de Gratteloup.
Zona di produzione dei vini con denominazione “Cotes de provence”, tra cui eccelle il rosato DOC di provenza. Tantissimi relais e masserie, però probabilmente la via della costa ci avrebbe regalato scorci migliori.
Cristian oggi è il meno brillante negli ultimi 40 km. Più volte perde la ruota dei fratelli Brunelli: Max e Alberto hanno la gamba buona e in salita spingono rotondi e regolari.
Veloce discesa, finalmente con tornanti fino a ritrovare una bella ciclabile che ci porta a La Londe de Maures e di nuovo in vista mare costeggiando paludi e lagune.
Su piste poco trafficate arriviamo al porto di Hyeres poco dopo le 16, con il sole ancora a scaldarci un po’.
Con estrema facilita troviamo il nostro miniappartamento vista mare con check in fai da te, ampio ascensore a prova di bici e un comodo terrazzo uso posteggio. Il tutto per meno di 50 euro.
Doccia bollente, assegnazione posti letto, annotazioni, briefing, spesa al supermarket e in perfetta sintonia cuciniamo, apparecchiamo e ci godiamo una cenetta con i fiocchi fai da te (pasta al pesto, insalata al tonno, yogurt con frutta) e un paio di birrette.
Vita mondana zero, ma un bel po’ di chiacchiere a tavola. Mentre il diligentissimo Max lava i piatti e sistema la cucina, Cristian e Bru consultano le previsioni meteo, compilano il proprio diarietto, analizzano i dati, studiano le mappe e preparano tutte le possibili alternative per la tappa di domani, giornata in cui sono previste copiose precipitazioni e alluvioni nel sud della Francia.
Assetto “orage” pronto ma soprattutto abbiamo approfondito tutti gli aspetti relativi al servizio treno + bici.
Buonanotte pedalatori!

14 novembre 2019 • Tappa 2 • “Il pleauvais fort sur la grande route!”
Hyères-Salin de Giraud (Camargue) > 48 km d+ 100

Dopo l’ennesima consultazione dei bollettini meteo e scrutando il cielo all’orizzonte, l’opzione treno più bici via Marsiglia ci pare la soluzione più ovvia, tagliando ben 110 sui 160 e più chilometri previsti e rinunciando all’attraversamento delle montagne di Sainte Baume e della Chaine de l’Estoque. Inutile andare in cerca di rogne.
Poco dopo le 8 siamo in bici. Sfruttando la breve finestra di bel tempo mattutina, percorriamo i cinque chilometri di ciclabili che ci separano dalla stazione di Hyéres. Non ci resta che perfezionare l’acquisto dei biglietti, apprezzare il fatto che il trasporto delle bici sul treno è gratuito e constatare che mai scelta fu più azzeccata visto che comincia a piovere a catinelle.
Un ubriaco un po’ molesto allieta il nostro viaggio sul treno locale, ma riusciamo a gestire la situazione.
Giunti a Marsiglia facciamo un secondo briefing con pausa caffè al MacDonalds della stazione e mentre fuori diluvia ancora, Cristian arriva con i biglietti del treno per la seconda tratta fino a Martigues. Tutti d’accordo?
Approdiamo nella piccola stazione poco dopo mezzogiorno.
L’attraversamento dei binari comporta la risalita e ridiscesa bici a spalle di una ripida passerella sotto la pioggia (l’ascensore non funziona). E’ la cosa più faticosa della giornata.
Approfittiamo per mangiarci il nostro paninazzo. Attendiamo il momento giusto per ripartire. Ma fuori non spiove mai, anzi.
“Il pleauvais fort sur la grande route” … cantava George Brassens.
Alle 12.53 rompiamo gli indugi. Google maps con navigazione attiva, luci lampeggianti accese, assetto antipioggia ai massimi livelli e … andiamo a pedalare.
Destinazione Salin de Giraud, porta d’ingresso per la Camargue.
Tra ciclabili e strade allagate, tra ponti e canali pedaliamo rapidi, facendo rigoroso affidamento sulla navigazione made in Alphabet: sotto questa pioggia battente non c’è tempo per consultare le mappe cartacee, come ai vecchi tempi. Testa bassa e pedalare!
Il percorso di avvicinamento alla Camargue non è proprio bellissimo.
E’ necessario attraversare zone industriali. Arcelor-Mittal qui regna incontrastata. Per evitare tangenziali e strade a traffico pesante google ci fa percorrere sterrati con pozzanghere grandi come laghi.
Più volte siamo costretti a fermarci per capire meglio dove siamo e talvolta a tornare sui nostri passi. Per brevi tratti dobbiamo spingere addirittura la bici a mano perchè lo stradello si perde nella vegetazione e diventa traccia di sentiero per poi ritrovare la via.
La cosa alla fine rende la tappa meno noiosa.
La pioggia concede una breve tregua proprio nel momento più complicato: attraversament di zone fangose, pozzanghere, sterrati sassosi che mettono a dura prova ruote, braccia e telai. Decisamente qui la Cannondale Slate di Cristian dimostra agilità superiore rispetto alle Cinelli dei Brunelli Brothers.
Circumnavighiamo Port Saint Louis e, ritrovato l’asfalto, pedaliamo spediti in fila indiana di nuovo sotto copiosa pioggia.
Dopo tre ore di precipitazioni generose, siamo un po’ umidicci, ma per fortuna le temperature si mantengono attorno ai 9/10 gradi.
Siamo oramai a destino. Manca solo la chiatta che attraversa il Rodano. E’ il famoso Bac de Barcarin. Siamo accolti con un sorriso dal personale di bordo che indossa spesse cerate antipioggia. Per fortuna si tratta di un paio di minuti di traversata.
Sbarchiamo sulla riva opposta e siamo a Salin de Giraud.
Ma chi ci viene a novembre sotto la pioggia qui? Tre italiani in bici.
Il paese è deserto, ma avvistiamo prima l’insegna di un bar e poi riconosciamo il nostro hotel.
Avremmo anche il tempo per gustarci l’incredibile spettacolo delle più grandi saline d’Europa, ma sotto la pioggia non è certo la situazione ideale. Preferiamo riparare al calduccio e indossare panni asciutti.
L’hotel Les Saladelles è una di quelle strutture tipicamente francesi, romantiche e abbandonate allo stesso tempo. Hotel aperto con lavori in corso. Attendiamo una buona mezz’ora prima che qualcuno ci apra la porta.
Nel frattempo approfittiamo del vicino bar per una birretta e della tettoia per ripararci, cambiarci e sistemare armi e bagagli.
Entrati nella struttura, ne constatiamo il declino irreversibile. Comunque la camerata è ampia, la doccia bollente e disponiamo di un prezioso termosifone elettrico per asciugare i capi in tre. L’odore di “cagnone”, tipico dei capi tecnici bagnati, si diffonde solo lievemente mitigato dall’ampiezza della stanza e dai soffitti alti.
Visto lo stato disastrato della cucina dell’hotel, decidiamo di uscire. A poche centinaia di metri per fortuna insiste il piccolo bistrot Le By Pass dove passiamo una piacevole serata. Unico tavolo. Steak hachè con patatine, un buon dolce accompagnati dall’immancabile birretta “pression”.
Soddisfatti rientriamo in albergo.

15 novembre 2019 • Tappa 3 • “Dalla Camargue al Luberon”
Salin de Giraud – Manosque > 172k 1000+

Sveglia prestissimo. Caffè fai da te nella cucina abbandonata dell’hotel e via. Abbiamo tanta strada da fare.
Per fortuna, non piove più. Alla faccia dell’albergatrice che sosteneva l’arrivo dell’alluvione universale (cosa che in effetti si è verificata ma “solo” la settimana seguente), nessuna nuvola sopra di noi. In compenso siamo sottozero.
7.01 out…. Brrrrrrrr che freddo, soprattutto quando all’abitato si sostituisce la campagna.
Optiamo per un percorso esplorativo nel cuore della Camargue seguendo la desolata D36C, che lambisce grandi e piccoli stagni inclusa la riserva naturale dell’Etang de Vaccarès.
Paludi e prati ricoperti dalla bruma, fenicotteri rosa, animali al pascolo, casolari e “cabanne perdu aux milieu de marais” … chi se le ricorda les Negresses Vertes.
Al “voilà l’été” il “voilà l’hiver”. Siamo vittime del Mistral, il gelido vento invernale che batte la regione.
Paradiso botanico e zoologico, di cui godiamo solo parzialmente, dovendo pensare a resistere al freddo glaciale.
Per fortuna i guanti da manubrio acquistati su Amazon si rivelano fantastici: da consigliare a chiunque affronti viaggi in condizioni invernali. Alberto e Max, al contrario di Cristian, non ne sono dotati e soffriranno di geloni alle mani per le prime due ore.
Nei pressi di Arles le temperature sono mitigate dalla presenza di abitazioni e dal sole che pian piano si alza in cielo.
Bisticciando un po’ con la navigazione, troviamo la via migliore per goderci le viuzze più caratteristiche della bella cittadina che ispirò i quadri di Van Gogh. Ci fermiamo pochi minuti per uno spuntino e una velocissima visita alla cattedrale.
Arles è il punto più occidentale del nostro piccolo viaggio. Da qui puntiamo inesorabilmente verso est.


Per piccole strade dipartimentali (D) e comunali (C) a zero traffico e a zero antropizzazione ci gustiamo il bel paesaggio di campagna, con cappelle, cascine e i resti dell’antico acquedotto romano.
Puntiamo ad attraversare i rocciosi promontori delle “Alpilles”. Montagne incantate che pur non superando mai i trecento metri di quota presentano forme e guglie degne delle Dolomiti.
Nel bel borgo di Maussan Les Alpilles approfittiamo per una sosta nella locale “boulangerie-patisserie” prima di riprendere a pedalare sotto un bel sole. Sole che ci accompagnerà fino a Eyguieres dopo aver superato brevi e tortuosi gpm dalle pendenze mai troppo impegnative.
Qui in considerazione dei tempi di percorrenza, optiamo per abbandonare i propositi di grande traversata delle montagne del Luberon per alte vie, preferendo il dedalo di strade secondarie lungo la valle del fiume Durance fino a Pertuis.
Tra sole e nuvole, ci districhiamo per strade vicinali, fidandoci degli itinerari suggeriti da google maps pur dovendo faticare parecchio tra cul de sac, inversioni a U e strade ostiche, con pozzanghere enormi e profonde. Il fondo sassoso fa il resto.
Tuttavia abbiamo chiara la direzione da tenere, e quindi con calma cerchiamo di uscire dalle situazioni difficili senza bagnarci e senza causare danni meccanici.
Oggi siamo al pelo con i tempi, e non ci possiamo permettere ulteriori rallentamenti.
Dopo una pausa rifocillante a Pertuis, attacchiamo decisi la lunga salita per la D956 fino a la Bastide des Jourdans, quota 400.
Da qui la D6, detta route de Manosque, che in saliscendi prima e discesa poi arriva dritta a destinazione. Saliamo regolari, con i fratelli Brunelli sempre a tirare e Cristian a “ciucciare” la ruota. Pendenze regolari con finale più vario, ondulato e tortuoso, leggi più divertente.
Siamo a Manosque, porta d’ingresso alle Alpi dell’Alta Provenza. Ultimi chilometri per le trafficate vie del centro.
E’ buio, ma arriviamo finalmente a destino presso il nostro appartamentino con angolo cottura prenotato  su Booking.com a meno di 50 euro in tre.
Docciati e in abiti borghesi, è ora di pensare … alla cena. Non ci sono i tempi, nè le energie, per la visita alla cittadella medievale.
La ricerca del supermercato è estenuante anche all’era di Google Maps e ci impegna per più di un’ora. Resistiamo alla tentazione del fast food fuori dall’hotel.
Sul filo della chiusura, al Lidl ci procuriamo tutti gli ingredienti per un pasto con i fiocchi. Sfruttiamo anche l’offerta serale acquistiamo 5 baguette al prezzo di 3. Per domani siamo a posto!
Siamo talmente stanchi che ci mancano le forza per cucinare e mangiare tutto quello che abbiamo comprato.
Strafogati riposeremo profondamente. E con gli avanzi imbottiremo i panini per l’indomani.

16 novembre 2019 • Tappa 4 • Gole sublimi e passi innevati”
Manosque – Séranon > 120k 2000+

Cycling below zero.
La notte ha portato precipitazioni nevose in quota. Qui il cielo è solo leggermente velato. Strade bagnate dall’umidità mattutina.
7.35 out, per la più alpina delle tappe che ci porterà ad attraversare le gorges du Verdon superando ripetutamente passi intorno a quota mille.
Dopo attento studio delle mappe e un’occhiatina alle previsioni meteo, abbiamo disegnato una tappa non troppo lunga ma abbastanza impegnativa dal punto di vista altimetrico.
Discesa a valle per iniziare la prima risalita lungo la D6, che monta dritta lungo il corso del Ravin de Vallongue. Ci ritroviamo su un fantastico altipiano a quota quattrocento con panorami infiniti e coltivazioni di lavanda.
Respiriamo a pieni polmoni e ci godiamo questo concentrato di Provenza.
Il freddo allenta un po’ la morsa e le nostre ombre allungate si stagliano sull’asfalto.
Da Valençole, quota 542, prendiamo la piccola dipartimentale D56 che continua a salire gradualmente sopra i 600 metri fino al piccolo abitato di Pulmoisson.
A Riez ci innestiamo nella D952, porta d’ingresso al Parco Regionale del Verdon.
Bypassiamo l’abitato di Saint Moustier, proseguendo  di conserva per la via più breve, in autosufficienza sfruttando riserve idriche e alimentari e contando, speranzosi, di rifornirci più avanti.
La salita è a tornanti nella prima parte e poi prosegue più dolce con viste strapiombanti sulle gole e sulle montagne spolverate dalle recenti nevicate.
In salita si suda, in discesa si  battono i denti. Vestizione, svestizione, antivento su, antivento giù. Numerose anche le soste per fare qualche foto: se non le facciamo qui.
Guadagnamo quota e ai lati della strada la neve si fa sempre più copiosa.
Conquistiamo il gpm del Col d’Ayen a 1032 metri con le bici affondate nella neve per poi raggiungere Palud sur Verdon.
Tutto chiuso. Le vie del centro sono imbiancate e pedaliamo qualche centinaio di metri sulla neve fresca.
Appena usciti la strada fortunatamente è di nuovo pulita.
Una gelida discesa in tramontana precede la risalita con scollinamento in prossimità di “Pointe Sublime”. Approfittiamo del sole e delle temperature più gradevoli per una breve sosta con passeggiata.
Qui tra strette gallerie, orridi e cascate, la strada scavata nella roccia prosegue in leggera discesa. Pedalare così è davvero sublime.
Ci infiliamo nella D955 che porta con gentili pendenze ai 757 metri di Jabron. Allungati ma sempre a vista, ognuno procede del proprio passo, con i propri pensieri.
A Comps sur Artuby finalmente troviamo un bar ristorante aperto, dove siamo accolti con gentilezza nonostante l’affollamento. Caffè e una fetta di dolce a testa: tiramisù, torta di mele e meringa all’arancia. Mai pausa fu più provvidenziale.
La ripartenza è sempre difficile. Ora lungo la D21. Piacevole, poco trafficata. Tipica strada di media montagna.
I fratelli Brunelli sempre in spinta: Cristian d’orgoglio ritrova un briciolo di energia per finire in progressione l’ennesimo gpm innevato (Col de Clavel 1063 m).
Variamo per stradine, a volte imbiancate, prima di innestarci sulla N85, la famosa Route de Napoleon.
Siamo quasi a destinazione.
L’occhio navigato di Cristian avvista in lontananza l’insegna di un supermercato e convince gli altri sulla necessità di fare la spesa prima di arrivare a destino, perchè l’esperienza di oggi ci insegna che in questa zona pochi sono gli esercizi commerciali e i ristoranti aperti.
Mossa opportuna visto che a Séranon, dove pernotteremo, non c’è nulla a parte il nostro gite d’etape.
Divise le scorte di cibo acquistate nelle borse, completiamo gli ultimi chilometri allegri, già pregustando il dopo tappa.
La fantastica residenza Bastide Napoleon è immersa nella neve. Solo la gommatura artigliata della Slate consente di attraversare il piazzale ghiacciato sui pedali. Per gli altri piede a terra e spinta.

La residenza è qualcosa di originale e spaziale: il paradiso degli anni ottanta. Si può giocare a flipper, a biliardo … e poi ci sono tutti i videogiochi del mondo.
Cucina attrezzata, spazi enormi con le bici a vista e al coperto. Due bagni, doccia calda, riscaldamento a bombazza, cosa chiedere di più? Il tutto per 90 euro.
Decisamente alla tappa e alla dimora di oggi vanno assegnate 5 stelle!

17 novembre 2019 • Tappa 5 • “Sulla Route de Napoléon”
Séranon – Cagnes sur Mèr > 67k 550+

Ultima tappa. Epilogo di un breve viaggio.
Abbandonare questo appartamento un po’ spiace.
Ce la prendiamo comoda e soprattutto ci concediamo finalmente una “prima colazione”.
Fino ad oggi, infatti, siamo sempre partiti a digiuno. Caffè amaro e via.
In sella poco dopo le otto, anche per partire con un paio di gradi in più.
Siamo a 1100 metri sul livello del mare: dobbiamo affrontare ancora alcuni facili gpm prima di iniziare la discesa a mare.
In successione il Passo Col de Valferrière quota 1169, poi discesa e risalita al Col d’Escragnolles quota 1042 e infine il Pas de la Faye a 981 metri.
Alby in gran spolvero, scatta su ogni salita e si guadagna la maglia a pois di questo viaggio. A seguire Max e come sempre, ultimo, Cristian.
Pennellando le curve con precisione e gestendo le frenate in tutta sicurezza, scendiamo baciati del sole. Le temperature si fanno sempre più miti. Adesso possiamo apprezzare il clima mediterraneo.
Giunti a Grasse, pittoresca e animata stazione climatica, capitale mondiale del profumo, cerchiamo un posticino dove fermarci.
Gironzoliamo tra vicoletti e sensi unici, perdendoci e ritrovandoci.
Ad una rotonda con brusca frenata, il nostro Alby non riesce a sganciare il pedale e si ritrova a terra.
Per fortuna nessuna conseguenza grave a parte una botta al polso che ci fa un po’ preoccupare ma poi si rivela roba di poco conto. A volte è un attimo. Per fortuna … sans souci!
Ripartiamo ancor più prudenti sempre con splendidi panorami a farci compagnia: bicicletta con vista!
A Roquefort le Pins meritata pausa nell’immancabile boulangerie-patisserie con offerta vastissima di pastarelle, dolci e pane in mille formati.
Di nuovo sui pedali in celere picchiata verso il mare e raggiungiamo Cagnes sur Mer per stradelli secondari.
Per fortuna avevamo registrato su google maps il luogo dove è parcheggiata l’auto, perchè sarebbe stata dura ritrovarla a memoria. Un’ultima salitella e ci innestiamo in Avenue Ziem.
Suspense … il possente Iveco Massif è ancora lì.
Immancabili selfie celebrativi e tre belle birre fresche, lasciate in auto all’uopo.
Con calma sistemiamo bici e bagagli, ci cambiamo e in assetto borghese montiamo in auto.
Chiave nel cruscotto, suspense ancora … brummm, il motore si accende.
Pompiamo sulla frizione, agile manovra e si parte.
Prima però pausa pranzo a Nizza. Parcheggiamo proprio sul porto, passeggiata lungo la Promenades des Anglais presa d’assalto in questa domenica soleggiata e calda.
Visita all’iconico Cafè du Cyciliste, punto vendita del brand di abbigliamento per ciclisti fighetti.
Non poteva mancare, infine, una bella “crèpe complète” in affollattissimo bistrot sul porto.
Ora abbiamo fatto proprio tutto. E possiamo ritornare a casa.
Nizza, Mentone,Ventimiglia,riviera ligure, A26 con acquazzone e passaggio sul viadotto Polcevera (che crollerà dopo un paio di giorni ….)
Ruote d’autunno portate a casa.
C’est fini!

Appunti di tipo 1 (niente pistolotti)

 

ID metabolico dei due soggetti di tipo 1 aggiornato a novembre 2019

Cristian e Alberto sono affetti da diabete di tipo 1 da 15 e 10 anni rispettivamente.
Qui sotto uno schema dei dati raccolti e alcune considerazioni riassuntive su gestione metabolica, atletica e terapeutica, rigorosamente, per una volta, senza pistolotti.

Tra Alberto e Cristian c’è un’ottima intesa, maturata in tanti anni di condivisione delle esperienze made in DNL. Alberto rasenta la perfezione nella sua gestione, mentre Cristian è meno costante nella “compliance” tra il dire e il fare. Entrambi comunque dimostrano capacità di autogestione più che sufficienti per godersi il piacere dello sport “in tutta sicurezza” e di saperlo fare sia quando si tratta di esprimere il proprio meglio in ambito agonistico, sia quando, come in questo caso, riguarda il saper cogliere l’essenza del viaggio e della scoperta.

Già lo scorso anno ci eravamo avventurati tra le strade della Corsica (vedi link) per un viaggio dalla durata simile e con un protocollo nutrizionale e metabolico piuttosto rigido. Quest’anno abbiamo deciso di mantenere un approccio meno “articolato” (meno cose) ma altrettanto rigoroso:

  • Sensore installato
  • Annotazione di carboidrati (ai pasti e durante l’attività fisica) con indicazione del defensive eating
  • Spuntino di recupero a fine tappa sempre e comunque
  • Pasti principali (cena) di composizione più o meno identica in quantità e qualità
  • Azioni terapeutiche (dosaggi insulinici)
  • Partenza di ogni tappa, in linea di massima, pedalando a digiuno da 1 a 2 ore
  • Misurazione dei chetoni a fine tappa (anche per il soggetto non diabetico)
  • Utilizzo di integratori di chetoni esteri come beverone di recupero supplettivo alla fine delle tappe più impegnative* (assunzione anche per il soggetto non diabetico e verifica livelli “ketoni” prima e dopo)

Ecco qui alcune considerazioni in ordine sparso, non necessariamente esaustive, che ci sembra interessante fotografare, fermo restando che chi ha pazienza e competenza nel leggere i dati può trarre le proprie e forse più interessanti conclusioni o più frettolosamente derubricare il tutto a fake news o stock di stupidaggini.

  • Sensore Freestyle (questo passa il convento) montato e funzionante. Qualche stick manuale per testare l’affidabilità. Talvolta con le temperature basse, si sono verificati dei buchi di funzionamento in quello di Cristian.
    Comunque per chi ha maturato una certa esperienza nello stimare i propri fabbisogni energetici in relazione a tipo e intensità di esercizio fisico, si può procedere per qualche ora anche senza il riferimento costante della glicemia. Ovvio che se c’è è meglio e che un sensore funzionante h24 determina una lettura dati più attendibile.
    Ci stiamo sempre più orientando sui trend e sul time in range rispetto alle glicemie puntuali ma soprattutto a un utilizzo “smart” del sensore: cerchiamo di considerarlo più come strumento che conferma l’appropriatezza delle nostre scelte strategiche di terapia e integrazioni e meno come strumento che determina e condiziona le nostre azioni (è questa la chiave di tutto e lo mettiamo per questo in grassetto!
  • Chetoni nel sangue: abbiamo verificato i chetoni alla fine di ogni tappa per  capire se avevamo integrato a dovere senza cannibalizzare i muscoli. I dati sono sempre stati entro valori fisiologici e non abbiamo rilevato differenze tra i due diabetici e il non diabetico: segnale che ci siamo alimentati bene e che non ci siamo ammazzati di fatica.
  • Integratori di Chetoni Esteri (HVMN Ketone Ester) … avevamo a disposizione qualche ampolla dell’innovativo integratore (sulla cui efficacia e opportunità di utilizzo ancora non ci sono studi/pareri univoci anche tra gli stessi addetti ai lavori) da utilizzare tutti (tipo 1 e non) come bevanda di recupero nei dopo tappa più impegnativi e così verificare
    a) se provoca realmente l’innalzamento dei valori dei chetoni;
    b) benefici su performance del gg successivo;
    Alla fine per una serie di motivi, li abbiamo usati solo in una occasione, quindi il tutto risulta di poca utilità. Ci abbiamo provato.
    Per quel che conta al punto a) rispondiamo di sì; al punto b) non abbiamo sufficienti elementi per dire che ha migliorato la performance, ma possiamo dire che non l’ha peggiorata.
  • Pedalare a digiuno: al fine di testare la capacità di utilizzare i substrati lipidici, in tre tappe, Cristian e Alberto hanno pedalato a digiuno rispettivamente e mediamente per 110 e 117 minuti (precisiamo che si è mantenuto il protocollo a digiuno anche con insulina rapida attiva quando si sono corrette iperglicemie al risveglio).
  • Integrazioni di carboidrati durante l’attività fisica: a prescindere dalla partenza a digiuno nelle tre tappe lunghe (1a,3a,4a tappa) le integrazioni di Cristian sono pari a 25.9 gr di carboidrati pro ora (=0,36 pro kg), quelle di Alberto a 22,1 gr (0,33 pro kg). Precisiamo che Alberto pesa ben 10 kg meno di Cristian a parità di altezza.
    Abbiamo anche provato a conteggiare separatamente i cho totali nelle prime 4h di attività e nelle seconde 4h per verificare eventuali differenze significative: nella seconda fase della giornata abbiamo sempre integrato di più, come ci aspettavamo. Da una parte legato al fatto che i km e la fatica si accumulano, il dispendio aumenta, i muscoli si svuotano e bisogna mettere dentro più benzina. Dall’altra i dati riferiti alle prime 4h scontano la minor assunzione di carboidrati derivante dal pedalare a digiuno per almeno 70 minuti.
    Non facciamo considerazioni sugli effetti legati profilo basale in multiiniettiva Degludec somministrata la mattina al risveglio per Alberto, a ora di pranzo per Cristian. Una valutazione più complessiva della gestione, ci suggerisce però che la basalizzazione sia adeguata, magari non perfetta, ma i risultati sembrerebbero così suggerire.
    Casomai, entrambi, a partire dal terzo giorno, abbiamo aumentato le integrazioni sia a valore assoluto sia pro ora, sia pro kg. Questo sembrerebbe inequivocabilmente indicare che quando le tappe si allungano, il dislivello aumenta, i giorni consecutivi in bici aumentano, è sicuramente necessario rivedere attentamente la relazione tra integrazioni e insulinizzazione e ove le prime aumentino eccessivamente valutare gli opportuni adeguamenti terapeutici.
    Per quanto riguarda i boli, durante l’attività fisica, sono stati pressochè inesistenti: a meno di soste prolungate, a mantenere un profilo glicemico adeguato è bastata ad entrambi la sinergia tra movimento, basalizzazione e misurate integrazioni di cho.
    Talvolta errori di gestione dei boli e carbocounting a cena,hanno costretto a correggere iperglicemie al risveglio e dunque poco prima di iniziare la tappa (Cristian tappa 3 e 4)

 

  • TIME IN RANGE: tempo nel valore stabilito. Al di là di qualche perdita di segnale temporanea, il sensore ha trasmesso i dati in maniera costante e attendibile. Il TIR della settimana che include i cinque giorni di viaggio è stata per Cristian 74% nel range 70-170, 4% sotto range, 22% sopra il range e per Alberto 78% nel range 70-170, 8% sotto il range e 14% sopra il range (le linee guida, senza andare troppo di fino, dicono che  i valori “under 70” devono essere inferiore al 5% e il range 70-180 attorno al 70%).
  • Sensibilità insulinica: Cristian e Alberto hanno fabbisogni insulinici e rapporti insulina carboidrati assai diversi pur condividendo stesso piano terapeutico (degludec+fiasp in multiniettiva). Nei cinque giorni del viaggio, Alberto ha sperimentato un aumentato rapporto insulina carboidrati ai pasti post-exercise, ovvero la somma dei carboidrati assunti nello spuntino dopo tappa (recovery carbs) e a cena (carbs @ meals). Questo sembra trovare conferma anche nel time in range con una percentuale sotto 70 mg/dl dell’8%. Insomma, anche se quasi esclusivamente nel fine tappa, Alberto ha concluso la giornata sui pedali sul filo dell’ipo. La necessità dell’assunzione dei carboidrati nell’immediato dopo tappa era comunque prevista dal protocollo. Diciamo che Alberto è stato bravo e fortunato nel far coincidere il momento della glicemia bassa con l’orario del pasto. Per tanto, il buon Alberto porta a casa un 0% in defensive eating, tenendo però conto di quanto appena descritto. In ogni caso l’integrazione difensiva è pressochè irrilevante sia per Cristian sia per Alberto al di là di piccole disquisizioni. E’ vero che a volte, durante le ore sui pedali, entrambi hanno dovuto integrare per riparare o anticipare una   ipoglicemia, se però guardiamo ai dati dei due T1 parliamo di numeri assolutamente in linea con quelli rilevabili in atleti non diabetici per una attività di fondo aerobico a bassa-media intensità prolungata.

Interessante confrontare il nostro time in range su un viaggio di 5 giorni, con i dati pubblicati (evviva!) del Team Novo Nordisk in occasione del Tour of California, gara ciclistica a tappe di 7 giorni. E’ vero che parliamo di livelli decisamente diversi (amatori scarsi vs pro) ma è giusto per osservare range glicemici minore di 70, 70-180, over 180 e avere un termine di raffronto (relativissimo, ripetiamo, non solo per il livello atletico e il contesto, ma anche perchè non conosciamo terapie, dosaggi, fabbisogni energetici, introito di cho, defensive eating, A1C etc etc … dei ragazzi del TNN).

 

  • Defensive Eating: in merito alle assunzioni di carboidrati per fronteggiare l’ipoglicemia, come già suddetto, l’incidenza è pressochè uguale a zero. I dati si riferiscono alle fasi a riposo, in quanto è troppo difficile, almeno per le nostre limitate conoscenze e intuizioni, stabilire se una integrazione in attività fisica è o meno “defensiva” o meglio a volte integrazioni energetiche sono comunque giustificate da ragioni di “rifornimento” e quindi i confini non sono sempre così definiti.
    Stiamo ragionando su quando considerare le integrazioni “difensive” o “energetiche” … diciamo che per questo tipo di attività, prolungata ma svolta a ritmi aerobico-lipidici, abbiamo istituito il seguente principio fai-da-te: le integrazioni sono difensive quando superano la metà di quanto mediamente raccomandato dai nutrizionisti per massimizzare la performance negli sport di endurance, ovvero 0,70 grammi di cho pro ora / pro chilo (secondo gli studi più recenti) Dunque per noi vale la regola dello 0,35 gr di cho pro ora pro chilo, considerando salomonicamente dimezzati i consumi in ambito non di performance (la ciclovacanza non ha niente a che fare con il massimizzare la prestazione).
    Entrambi abbiamo ottenuto, udite udite, un valore di 0,36, appena appena al di sopra del limite autoimposto. In realtà quello che ci conforta, è che il nostro compagno non diabetico di sicuro ha mangiato almeno quanto noi se non di più. Pur non avendo ahinoi raccolto i dati relativi alle sue integrazioni, lo tenevamo d’occhio.

  • Frequenze Cardiache: le tappe sono state affrontate a ritmi moderati. Sia Alberto, sia Cristian, indossavano il cardiofrequenzimetro e conoscevano le proprie zone di frequenza a seguito di test Vo2max. Entrambi sono rimasti entro le zone 1-2 tra il 95 e il 96% del tempo sui pedali.

Minipistolottino, mini mini …. 🙂

Come sempre questo sbrodolamento di numeri non ha pretesa scientifica e forse nemmeno metodologica viste tutte le riserve del caso sulla nostra affidabilità come raccoglitori e trascrittori di dati. Vi assicuro tuttavia che la nostra applicazione in questo è superiore alla media. Il vero limite resta la breve durata: già fossimo stati sui pedali per 10 tappe avremmo avuto più riferimenti attendibili e ripetibili.
Tuttavia potrebbe rappresentare uno spunto per chi, con ben altri mezzi, competenza e visione, si voglia approcciare alla gestione metabolica dell’atleta con diabete di tipo 1, e più in generale, per chi è coinvolto in questa patologia (pazienti, specialisti, familiari) con una visione open-minde, che va oltre glicemia, glicata e analisi del sangue.
Si dovrebbe tenere conto di tanti altri aspetti, magari non tutti o solo quelli che abbiamo considerato noi, ma, e qui ci permettiamo un piccolo pistolotto di rinforzo alla nostra posizione, con la tecnologia e l’apertura mentale a disposizione oggi, valutare il buon compenso solo in base alle glicemie e alle glicate non ha più senso, e bisogna saper andare oltre anche al Time in Range anche se rappresenta quasi un piacere sessuale per i glicemiologi (categoria diffusa tra medici e pazienti)
Perchè non indagare anche sull’impatto del defensive eating e più in generale della defensive therapy sulla qualità del nostro compenso e della nostra gestione. Insomma una glicata più che discreta e un time in range adeguato sono già cosa buona e giusta, ma non sono necessariamente indice di buon compenso e qualità della vita nel momento in cui andiamo ad analizzare numero e tipo di azioni terapeutiche e nutrizionali (e relativi pensieri, rinunce, ansie etc.) per tenere il proprio curriculum immacolato e a prova di reprimende dei nostri diabetologi di tutte le scuole, bruttomessiani/e inclusi, sempre pronti a stimolarci con il … ricordati che devi morire!
Chissà se il compianto Troisi, ai tempi di Covid-19, risponderebbe ancora …. Mo’ me lo segno!
Cazzo, non c’è l’abbiamo fatta a reprimere il pistolotto… ma la quarantena ci sta mettendo a dura prova!