Adamello Ultra Trail 2018

Race Report Luisa Campregher_22 settembre 2018

 

Luisa Race REPORT
AUT (Adamello Ultra Trail)
PONTE DI LEGNO / VEZZA D’OGLIO (BS) • 22 – 23 SETTEMBRE 2018
90 KM +5700 M

testo di Luisa Campregher, #ditipo 1 dal 1982
Le “note della redazione” NDR (in grassetto) a cura di DNL sono state espressamente richieste e autorizzate dall’autrice

“TOCCATE I VOSTRI LIMITI, MAGARI SUPERATELI, MA SAPPIATE ASCOLTARVI PER COMPRENDERE
CHE OVUNQUE ARRIVATE, SARA’ UN TRAGUARDO SPECIALE…”

  

PREMESSA
1) Nessun report, nessun racconto questa volta sarà in grado di trasmettere al lettore l’intensità e la bellezza di quello che ho vissuto durante questo viaggio, fatto di persone, panorami, terreni, sensazioni, emozioni, sudore, brivido, silenzio, ritmo, pace, luce e buio.
Frutto e Sintesi di molti elementi, che a modo mio ho tentato di armonizzare per vivere al meglio questa esperienza: alimentazione, idratazione, sapermi dosare nello sforzo, affrontare il tutto con mente fresca, lucida e calma … [fresca e lucida sicuro, bella anche, aggiungiamo noi, ma calma cosa? …. ndr]
2) Questo Ultra Trail non era in programma ma i tempi a mio avviso erano maturi: silenziosamente l’ho cercato e non a caso è arrivato in questo momento della mia vita, in cui soprattutto mentalmente mi sentivo pronta per affrontare una prova di questo tipo [ricordiamo sempre e comunque che fare ultra trail è esperienza probante e faticosa, ma non ha nulla a che fare con l’andare in guerra o incontro alla morte …si tratta fondamentalmente di godere del piacere nella fatica ….”dedans la fatigue je suis dans le confort” cit. Presidentissimo@Swisspeaks, ndr]
3) L’orgoglio e la soddisfazione per come ho condotto e concluso la AUT contemplano anche dell’amaro in bocca derivante da oggettive difficoltà a livello metabolico che mi sto trascinando da mesi, connesse ad un disturbo intestinale ancora irrisolto. Inoltre durante la gara ho commesso alcuni errori causati da un ridotto apporto di insulina rapida che hanno determinato molte ore in iperglicemia. Qui il desiderio di affrontare un altro Ultra con
l’intento di migliorare l’aspetto metabolico perchè è proprio dagli errori che si impara. Ormai sono rodata su come gestire insulina e integrazioni per una 40 o 50 Km. In questa gara per la prima volta mi sono cimentata in 20 ore abbondanti, anche in orario notturno, e qui, per eccessiva prudenza, non ho apportato l’insulina rapida necessaria [tendiamo sempre tutti a stare troppo sulla difensiva … ma DNL sta lavorando per portare un po’ di “aggressività” anche nella gestione terapeutica e nutrizionale negli sport di endurance. Un passo alla volta!, ndr]

Il mio ultimo report DNL risale a fine maggio 2018, in occasione dell’Orsa Ultra (50 Km +3000 m) che mi ha vista protagonista di un ritiro a pochi Km dall’arrivo perché il mio intestino, un tantino pigro, aveva deciso di sbloccarsi tutto di un botto in gara, riducendomi letteralmente nella … “merda” [e ci fermiamo qui….passiamo oltre, ndr]

Qui bisogna tornare al Trail, a respirare la mia Libertà!
Il 22 Luglio al Trail della Speranza ( 41 Km + 2220 m) ritrovo la grinta. E’ stato un test per vedere come rispondevo dopo mesi di scombussolamento…e poco allenamento. Ho affrontato la prima metà della gara con estrema calma, senza pretese e poi nella seconda metà del tracciato, percependo ottime sensazioni, ho dato un’impennata al ritmo. Metabolicamente ho corretto a inizio gara con un 2 U di insulina rapida e poi ho integrato con 35 – 40 g di CHO ogni ora e ho viaggiato poi in normoglicemia durante l’intera gara e anche nel post.
24esima su 43 atleti, 4^ donna su 6 arrivate. (Quando mi hanno premiata come 4^ donna ignoravo che fossimo solamente in 6! Ah ah ah! Mi piace “vincere” facile!) [come tutti gli atleti amatori, abbiamo sempre la tendenza a sottolineare la posizione in classifica, ma non il tempo che ci abbiamo impiegato rispetto a km e dislivello, UNICO E VERO PARAMETRO che andrebbe ricordato nella storia …. ma siamo fatti così, incluso lo scrivente di queste note, ndr]
Poi mare, svacco (però lungo le spiagge, al mattino, mi sono fatta delle belle corsette!)
Mi iscrivo alla Strafexpedition (2 Settembre) e, senza dire niente a nessuno, inizio a sbirciare in internet in cerca di un Ultra tra Settembre ed Ottobre: ne individuo uno in Liguria a fine Settembre e appiccico il post it sulla mia “bacheca dei desideri” affissa in corridoio, a casa: “VALBORBERA ULTRA TRAIL 90 Km + 5000 m, 27 Settembre”. Poi un giorno, parlando con il mio amico Michele Fagnoni con cui condivido la passione per il medesimo sport, gli confesso che avrei voglia di fare un Ultra su una distanza di 80 – 90 Km e gli parlo di questa gara che ho adocchiato per fine Settembre.
Lui invece mi parla dell’Adamello Ultra, mi descrive il tipo di gara e dentro di me immediatamente realizzo “Questa è Mia!” Lo ascolto incuriosita. Non lascio trapelare quanto mi interessi la cosa. Torno a casa, vado a vedermi il sito dell’Adamello Ultra, vedo che le iscrizioni chiudono il 9 Settembre.
Getto il post it della Valborbera Ultra. Decido che conclusa la Strafexpedition, valuto le mie condizioni fisiche ed eventualmente mi iscrivo all’Adamello.
2 Settembre Strafexpedition (50 Km +2200 m): tutta sotto la pioggia e nel fango… Glucometro fuori uso per il freddo dopo pochi Km fino alla fine della gara. Anche qui mi sono fatta 2 U di insulina rapida correttive poco dopo la partenza perché la glicemia si era impennata.
Ho proseguito a sensazione, integrando sempre con 40 g CHO nella prima metà di gara, dove c’era tutto il dislivello positivo, e poi riducendo progressivamente le integrazioni a 30 g e poi 15 g di CHO nella seconda metà del percorso, caratterizzato da lunghe discese “corribili”.
All’arrivo avevo 170 di glicemia.

ADAMELLO ULTRA TRAIL
Conclusa la Strafexpedition ho tempo 6 giorni per effettuare l’iscrizione all’Adamello. Io le cose le devo sentire a pelle, mi deve arrivare un qualcosa di immediato per decidere. E se decido sono certa di ciò che faccio. Concreta, realista. Seguo la consapevolezza, la sensazione e l’impulso. Questa Adamello ci sta. Non mi serve il consiglio né l’appoggio o il parere di nessuno.
Solo io so: se, cosa e quando una cosa fa per me.
Lascio tranquillo il marito qualche giorno… poi inizio a prepararlo ad un “Week End To Roads”…
“Allora Michele…visto come ho chiuso la Strafexpedition…come ti accennavo tempo fa…quasi quasi mi iscrivo all’Adamello.” Pare che inizialmente non senta: nessuna reazione, nessuna risposta. Fagnoni intanto inizia a scrivermi “Allora, ci iscriviamo? Ancora pochi giorni per poterlo fare! Potremo prenotare tutti assieme un appartamento per 2/3 giorni a Ponte di Legno?” Dentro di me sono certa che mi iscriverò ma vorrei evitare che ciò scaturisca un polverone famigliare… Prendo in mano la situazione: “Michele allora qui le iscrizioni a breve chiudono…io pensavo di iscrivermi.” Ed ecco che il marito divampa: “Tu dai sempre per scontato che io ci sia! E se io quel fine settimana volessi fare altro?!” Io ardita ed arrogante: “Beh, cosa vuoi che ti dica, stai a casa! Io questa gara la voglio fare adesso perché sento che è il momento giusto.” ………..
Conclusione: anche il marito poi mi ha appoggiata e mi sono iscritta. (Avevate dubbi???!!! Ah ah ah!) [Sembrano le scenette di Raimondo Vianello e Sandra Mondaini … per chi se li ricorda, ndr]
Sono sempre dell’idea che essere sposati o avere un compagno non significa sacrificare la propria individualità, né rinunciare alle proprie ambizioni, sogni, desideri, attuazione delle proprie risorse e del proprio progetto individuale.
Perché ciascuno di noi racchiude un Suo Progetto Individuale in questa vita e a volte, stando in coppia, si rischia di mettersi da parte…e quando ci si soffoca a vicenda non vive poi tanto bene con se stessi.
Quindi, è necessario trovare il giusto compromesso… Io ho promesso che dopo l’Adamello avrei cucinato arrosto e lasagne… ma sapete che mi è già passata la voglia?! Non è proprio nelle mie corde… ah ah ah! Ho cucinato altro però in questi giorni! E’ un’impresa stare con me che ho sempre 1000 stimoli e obiettivi: il lavoro, studiare, allenarmi, pensare ad una gara… Mio marito mi vorrebbe un po’ più “noiosa” a volte! Ah ah ah! Sprono sempre Michele a seguire anche quelli che sono i suoi desideri, a ciò che lo rende felice e lo gratifica a prescindere da me…
Ma anche esprimere un desiderio pare non sia semplice per tutti. Non siamo tutti uguali. Questo per dire che non è sempre tutto “Rose e Fiori”.
Ho avuto davvero tanto sostegno e disponibilità da parte sua e ne sono grata. E anche dal mio Elia!!!!
Secondo step: “Michele forse è il caso di prenotare un appartamento un paio di giorni… ci saranno anche Michele Fagnoni e Laura…” Michele arreso: “Va bene.”
Corsette blande e all’insegna del relax nei giorni pre gara… e le solite glicemie prive di logica… che con la medesima alimentazione, dosaggi di insulina e medesimi orari rispondono un giorno in un modo ed un giorno in un altro… mi ripeto “Luisa stai calma altrimenti con la rabbia e lo stress peggioriamo ulteriormente la curva glicemica…”
Si parte per Ponte di Legno. Sono emozionata, di buon umore, felice.
Ritiro il mio pettorale, verifico la zona partenza.
Michele con Laura decide a quali ristori essere presente. Io ascolto, do un paio di indicazioni su ciò che potrebbe servirmi ma non spendo troppe energie pensando a ciò che faranno gli altri. La sera preparo lo zaino, che a fatica si richiude con al suo interno il materiale obbligatorio, e decido cosa
indossare. Su consiglio di Cristian, utilizzo una manofola di Elia per tenere il sensore al caldo durante la gara (nelle foto si nota questa manofola blu, adagiata sul mio addome e fissata con le stringhe dello zaino, con il sensore sempre a portata di mano).

Preparo un cambio da lasciare a Michele e gli dico, rispetto al tracciato, dove e cosa portarmi da mangiare (senza glutine).
La mattina, mentre tutti ancora dormono, silenziosamente e con estrema calma, faccio la mia colazione. Mi preparo lentamente. I movimenti lenti e pacati me li impongo per rimanere in uno stato di quiete.
Quando tutti sono svegli e pronti ci dirigiamo in piazza a Ponte di Legno in zona partenza.
Ed ecco che l’emozione, per la prima volta in vita mia prima di una competizione sportiva, si trasforma in AGITAZIONE: mi viene da piangere e (Viva Dio!)
lo dico proprio sottovoce tra le lacrime “Mi sento AGITATA.” [cosa si diceva della “calma” qualche riga più in sù …? ndr]
Lacrime che inizialmente cerco di nascondere, trattenere ma poi butto fuori tutto!
Diamo espressione a questa agitazione!!!
Laura, Fagnoni e Michele comprendono e apprezzo che non mi abbiano inondata di parole. Elia mi abbraccia: “Sei forte mamma, non piangere.” Chiedo di stare un attimo tranquilla da sola, cerco il contatto con me stessa, con nessun altro. Cerco di pensare alla gara spezzettandola a tappe, in micro obiettivi. Cerco di non anticipare la preoccupazione per la notte. Pare sia passato il momento emotivamente pregnante ma ecco che mio fratello Valerio chiama Michele per salutarmi. Prendo il telefono e scoppio a piangere.
L’unica cosa che riesco a dirgli: “Sono agitata.” Lui mi rassicura e con Fabiana mi fa un in bocca al lupo.
Lì tutti mi sembrano atleti, tranne me. Katia Figini, Cristiana Follador… “Ma io cosa ci faccio qui?!” mi chiedo. Mi sento al posto sbagliato, al momento sbagliato. Sono avvolta, travolta, annebbiata da ricordi, timori, emozioni…tanta roba… Ancora adesso che scrivo sento la medesima palpitazione
che a parole non trova traduzione.
Al contempo sento che vivo questa partenza come un qualcosa al quale è preceduto tanto… una vita intera di tentativi più o meno semplici, più o meno sereni, più o meno vittoriosi.
Inerme non posso far altro che ripercorrere alcuni passaggi della mia vita che mi si scaraventano addosso all’improvviso, in questo istante. Io bambina mi diverto al corso di sci di fondo ed affronto serenamente anche le salite però poi piango alla gara perché sento di non essere come le altre bambine…credo di essere arrivata ultima.

Mio papà silenziosa presenza al mio fianco con gli sci. La mamma che mi rincorre con in mano la cioccolata Milka per il timore di una improvvisa
ipoglicemia. Io un adolescente incazzata non solo per i motivi che accomunano il 90% degli adolescenti ma anche perché io con questo diabete non ci voglio stare. Io che ho messo un punto e a capo un’infinità di volte nel corso della mia giovinezza, spendendo no so quante energie per trovare il modo di stare e vivere bene con me stessa. Io che quando alla soglia dei miei 20 anni credevo di aver finalmente trovato un equilibrio comprendo che non tutti sono disposti ad accettarmi per come sono: questo diabete non sta bene proprio a tutti. E il sentirsi rifiutata per un qualcosa che non ho la possibilità di modificare in me, è devastante, ti disintegra dentro.
Insonnia, attacchi di panico. Camminare compulsivamente è l’unico rimedio per sopravvivere. Un percorso interiore lungo e lento. L’avvicinamento allo sport, alla corsa, non tanto come valvola di sfogo (a volte si, anche) ma come contatto ed ascolto incessante di me stessa e come fusione armonica tra
me e questo diabete. In questo modo abbiamo imparato a conoscerci un po’ meglio, a starci meno antipatici, anzi abbiamo iniziato a collaborare per un obiettivo comune: stare bene, essere sereni, felici, appagati, in sintonia, al di sopra e al di fuori di tutto e di tutti. [occhio che fai commuovere anche il presidentissimo come hai già fatto al Trail dell’Orsa quando ci siamo abbracciati a lungo dopo il tuo ritiro: i mostri del passato a volte ritornano tutti assieme a pochi minuti dal via di una prova impegnativa. Fa parte del nostro interiore, del nostro essere “persone” … e non c’è niente di male. Non possiamo scordare chi siamo e da dove arriviamo, ma possiamo guardare avanti … perchè siamo programmati per questo… andare avanti!, ndr]

Io che ho incontrato Cristian Agnoli [e cui non negherai l’amicizia su FB dopo questi ndr spero …. ndr], gli amici ed i medici del Team Diabete No Limits.
Io che instancabilmente mi metto in discussione e ci metto la faccia e non solo quella. [lo sappiamo che hai anche un bel lato B! 🙂 ndr]
Io che sperimento come affrontare uno sport di endurance dopo 36 anni di e con sto diabete tipo 1.
Io che ascolto e ho il desiderio di capirci sempre qualcosa di più, anche se a volte mi sento pure un poco stanca.
Consapevolizzo che se sono a questa linea di partenza è perché qualcosa nel tempo lo ho conquistato. E lo ho conquistato con la mia tenacia. Ecco la mia forza. Ecco che sono pronta a partire.
Entro in griglia. Fagnoni mi fa cenno di andare più avanti ma io dove mi sono piazzata, pressappoco a metà, nel mezzo del gruppo di coloratissimi atleti, lì ci sto bene. Inizio non solo a vedere la gente ma soprattutto a sentirla. Inizio a riprendere controllo di me stessa: dei miei pensieri, delle mie emozioni, di chi sono e di cosa sono capace di fare. Mi piace stare lì in mezzo aquelle persone: il clima è famigliare, l’atmosfera è calda ed accogliente. Mi rilasso. Riprendo a  sorridere.
Lo Start e il pensiero felice: “Non vorrei essere da nessun’altra parte se non qui, oggi.”
Sono rimasta piacevolmente colpita da come in pochi minuti sia ritornata nel mio Centro, padrona di me stessa, tranquilla, serena e positiva.
Il gruppo parte con un ritmo un po’ troppo eccitato per i miei gusti: stiamo partendo per una 90 Km, non per una mezza maratona! Il primo tratto su asfalto. E io lascio andare il gruppo…che poi vediamo quando impenna!
Ah ah ah! Accenno un’accelerata quando intravedo che si sta per imboccare il sentiero e desidero posizionarmi con gente che potrebbe impostare un buon ritmo: non aggressivo ma nemmeno da pellegrinaggio!
Supero qualche persona e poi trovo un gruppetto che sale con il mio passo. 1200 m di dislivello positivo la prima salita (fino a Bocchetta di Casola 2394 m) che affronto senza esagerare, ascoltandomi, alla quale segue una discesa molto ripida nei primi passaggi e che poi più dolcemente ci conduce a Pontagna (18° Km). Arrivata nel paesino due donne in auto suonano il clacson all’impazzata e, abbassando il finestrino, mi fanno un tifo pazzesco: mi hanno fatta ridere un sacco! Poco dopo lo striscione “FORZA MAMMA LUISA” e su una panchina al sole Elia e Michele che mi aspettano.
Tifo alla mamma, un salutino, puntatina al ristoro e poi riparto senza sostare.
Altro dislivello di quasi 1000 m per poi riscendere e qui mi rendo conto che ho bevuto troppo: la pancia gonfia “con le rane dentro”…corro lentamente ed il malessere scompare in fretta.
Si sale di altri 500 m circa e poi giù al Rifugio alla Cascata (36° Km), dove come accordato Michele ed Elia mi hanno portato un panino con prosciutto (senza glutine). Sono le 16.30. Mi siedo e con calma addento il panino. Sopraggiungono concorrenti che ho oltrepassato e rivolgendosi a Elia si
complimentano per come la mamma sia ardita sulle salite. Riempita la pancia e le borracce mi incammino verso Passo Gallinera (2320 m). Anche qui in salita, con i miei passetti ordinati ed armoniosi, quasi come un gioco ad incastro che mi diverte assai, guido il gruppetto in salita all’interno del quale c’è anche “il Tedesco”, un uomo di mezza età altoatesino, che è stato una presenza preziosa per me in alcuni frangenti. Lui in salita mi sta dietro e ridendo mi dice “Oh,Luisa!!!!!” e tira fuori la lingua facendomi capire che gli sto tirando il collo!

Qui è spettacolare l’ambiente in cui ci troviamo. Dopo il Rifugio Aviolo (1925 m), l’omonimo lago e le montagne dinanzi a noi che formano un maestoso anfiteatro. Riempie il cuore. La bellezza quasi annulla la fatica. Arrivo sulla cima del Passo Gallinera (2320 m), lasciandomi alle spalle il gruppetto con il
quale avevo iniziato questa ascesa. La discesa è tecnica, procedo con prudenza, mi aspetto che sopraggiunga il gruppetto di prima invece scendo da sola. Impreco un pochino perché imbatto nelmio limite: la discesa. Mi sento lenta e goffa. Due giovani amici recuperano e sopraggiungono da dietro, li lascio passare e loro ridendo: “Tanto poi alla prossima salita tu ci superi nuovamente!”
Finalmente arrivo a Rifugio Malga Stain (1833 m) e, nonostante sia quasi buio, i tifosi fuori a incitare non mancano!!! Piccola sosta, accendo la frontale e riparto. Sopraggiunge “il tedesco”, che in discesa è meno imbranato di me. Scambiamo qualche battuta in tedesco (non spiaccica una parola di italiano). Un uomo affaticato e poco motivato a proseguire la gara percorre un tratto con noi. Qui ho la sensazione che “il tedesco” si sia reso conto di quanto io sia forte in salita e quanto invece sia instabile in discesa… colgo che mi vuole aspettare, forse perché in cuor suo non se la sente di lasciarmi sola, di notte, nel bosco, lungo discese sconnesse dove magari potrei ammazzarmi. Mi chiede quanto mi voglio fermare al prossimo ristoro ad Edolo e gli rispondo che
non ne ho la minima idea. Lui mi dice con assoluta certezza che sosterà 1 ora. Insieme arriviamo a Edolo (690 m) dopo 1700 m di dislivello negativo…una segata alle gambe praticamente…. Molta gente nella piazzetta a fare il tifo. Trovo Elia e Michele che mi annunciano il ritiro di Fagnoni, proprio a Edolo. Io sono certa che finirò il mio viaggio. Sono le 20.30: la giornata mi è volata, il tempo è trascorso velocemente. Sono sorridente: ancora nel pieno delle mie forze! Mi cambio reggiseno, canotta, maglietta, mi infilo i manicotti. Glicemia, insulina rapida, insulina lenta, pillola (tutto!!!) Un piatto di pasta in bianco, del formaggio, un pezzettino di banana. Gli abbracci di Elia. Un paio di video rassicuranti da mandare ai miei genitori e agli amici che chiedono continuamente mie notizie a Michele. Dopo circa 40 minuti sto per ripartire ed ecco che spunta “il tedesco”: pronto anche lui. Lo guardo: “Alles gut?! Andiamo?!” Mi fa cenno di si con un sorriso. Partiamo e la salita non perdona sin dai primi metri. Io avanti e lui dietro: “Oh, Luisa!” Silenzio, la notte, la mia frontalee quella del “tedesco”, Wolfgang Reiner che a un certo punto estrae una lattina dalla tasca laterale  dello zaino e si stappa…una birra!!!! Ma questo è un fenomeno!!!! Ristoro a Malga Mola e indosso il gilet. Siamo in 4 fermi a questo ristoro. La temperatura è fantastica ma ovviamente inizia a fare
un po’ più fresco. Quasi 1400 m di dislivello positivo fino a Costabella (2008 m) per poi discendere al Lago Mortirolo (1783 m), 68° Km, dove sento Michele: “Dai, Luisa!” E’ circa l’1.30 di notte. Entriamo nel rifugio dove stanno sostando diverse persone, anche concorrenti della 180 Km. Elia è in auto che dorme, esco per salutarlo ma non c’è modo di svegliarlo. Riparto con Wolfgang e con noi ci sono altre 2-3 persone. Una salita dolce e graduale. Procedo sempre con passo instancabile. “Il tedesco” rallenta, mi volto: “Alles gut!?” Lui: “Si si!” Poi poco alla volta perdo di vista Wolfang, che è rimasto dietro con altra gente. Mi fermo a fare pipì nel luogo più inquietante in cui abbia mai pisciato da sola, di notte: tra le rovine di casette abbandonate. Riparto seguendo la
frontale di uno avanti a me che si fa sempre più distante. Sto camminando da sola ma mi rincuora sapere che dietro di me, anche se non li vedo più, ci sono Wolfang e gli altri, quindi dovessi fermarmi o rallentare ci sarà sempre qualcuno che sopraggiunge. E allora avanti, Campregher “Cosa vuoi che ti succeda?! Sei qui per procedere con il tuo passo, non per aggrapparti a qualcuno!” mi ripeto mentalmente. Il respiro lo percepisco un pochino più affannoso. Lo ascolto attentamente e cerco di riportarlo alla quiete. La glicemia si mantiene alta, forse un po’ di adrenalina in questo tratto al buio, da sola?!

15 Km di discesa finale. Arrivo da sola a Casinelle (1493 m) dove è allestita una tenda per un ristoro e qui mi accolgono due volontarie infreddolite. Trovo la 7^ donna che sta ripartendo con il suo compagno. Non mi metto fretta, bevo un po’ di the caldo e poi riparto per gli 8 Km finali. E qui ho iniziato a sentire la sofferenza muscolare. “Calma che ormai abbiamo finito”, mi dico, “Accettiamo che i muscoli ne hanno pieni i coglioni!” Ah ah ah!!! Procedo più lentamente di quel che potevo immaginare: un dolore al quadricipite sinistro, in prossimità del ginocchio. Cautela perché inizio ad inciampare un po’ troppo. Trovo l’escamotage per scendere senza accusare eccessivo dolore ed ecco che sopraggiunge “il tedesco”. Stupito di trovarmi, credeva fossi già
avanti, gli spiego che mi fa male il quadricipite. E lui?! Lui scende adagio con me. Un Signore di Uomo. Incrociamo alcuni atleti stanchi della 180 Km, che sostano faticando a concludere la loro ultima discesa. Ultimi Km: sento gli occhi inumidirsi dalle lacrime. Ma queste, signori, sono le lacrime di una Regina che ha guidato con determinazione, forza e gioia una Ultra. Sono salita su tutte le vette con armonia, ritmo, senza tregua, senza sbavature, senza sosta! Mi è stato detto da alcuni compagni di viaggio: “Complimenti, è sorprendente come sali senza mai fermarti, con costanza e regolarità.” E’ proprio vero: non ho sofferto nemmeno nelle salite più lunghe e ripide, anzi ho goduto del piacere dell’ascesa fino all’ultimo metro!
Taglio il traguardo alle 5.30 del mattino.
Mi commuovo [all’arrivo una lacrimuccia te la concediamo, ndr] appoggiando il busto sui bastoni che ho impugnato per 20 ore e 30 minuti.
Michele ad aspettarmi. Elia sta dormendo profondamente in auto [e poi sono gli altri  quelli che costringono la famiglia ai tour de force, ndr]
Una vita per arrivare fino a qui. Per comprendere quanta Possibilità ci sia dentro di Me.
Questa frase, breve e coincisa racchiude tutto il carico emotivo che ho sentito nel pre gara. Sono stata nel mio Centro: in questa dimensione dove non ho bisogno di niente e di nessuno, a contatto con me stessa e con l’universo. Un tempo ed un luogo in cui desidero fare ritorno ogni qualvolta per ricontattare la mia integrità, la mia stabilità, il mio equilibrio, la mia parte saggia, matura, che sa a prescindere, che basta a se stessa così com’è, che non ha tempo, né fissa dimora. Perché in quella dimensione tutto è perfetto, anche nell’imperfezione. Mi sono fatta un grande regalo, impresso nel mio corpo, nella mia mente, ma soprattutto nella mia Anima. [io sono meno “emozionale” della Campregher, però sicuramente lei è più introspettiva di noi maschi alfa dominanti insensibili autoreferenziali rancorosi cattivoni … ndr]
Io, Michele ed Elia, ritorniamo nell’appartamento a Ponte di Legno, dove Fagnoni e Laura stanno già dormendo da diverse ore. Inizio a sentire freddo. Mi svesto e mi immergo nella vasca da bagno, dove mi addormento… Poi mi stendo a letto. Forse 1 ora di sonno. Poi Elia si sveglia e reclama la colazione… tutti in piedi: telefonate, messaggi.. “La Campregher è Finisher!”

Nei giorni successivi la gara non sono stata in grado di esprimere a parole quello che ho vissuto, tutta l’intensità. Non mi importava nemmeno in realtà. Ho ricevuto così tanto che volevo trattenerlo, tenerlo per me: per guardarlo bene da vicino, nella mia intimità e sentirlo, riassaporarlo e riascoltarlo come si fa con la propria canzone preferita.
Tornata a casa l’accoglienza e la festa della mia famiglia: i miei genitori, mio fratello Valerio con Fabiana, i miei cognati Federica e Stefano e i miei nipotini Jacopo e Nicolò.
Incrociare gli occhi sorridenti e luccicanti di mio papà: “Allora, atleta?!”
E non rispondere raccontando chissà cosa, perché chi mi ha vissuta in questi anni comprende, senza bisogno di tante parole.

TOTALE ATLETI ALLA PARTENZA: 147
– 126 UOMINI di cui 20 RITIRATI e 2 SQUALIFICATI
– 21 DONNE di cui 2 RITIRATE

LUISA CAMPREGHER IN CLASSIFICA:
8^ donna su 19 arrivate
8^ donna su 21 partite
62^ su 123 atleti arrivati (M/F)
62^ su 147 atleti partiti (M/F)

[‘a rieccoci con le classifiche … aggiungere anche il tempo e il distacco dalla vincitrice, please!, ndr]

 

METABOLICAMENTE

 

Luisa: media glicemica e time in range (o tempo nel target) 70/170.

[Per la prima volta, “La Campregher” ci ha inviato i dati del sensore in pdf (dopo un veloce corso on line, visto che porta il sensore da qualche annetto ma non aveva mai usato il software correlato). Abbiamo festeggiato questo “evento” compilando per suo conto un “racebook” metabolico evolutivo che vanterà innumerevoli tentativi di imitazione … ci auguriamo. Ci ho perso due ore, ma per Luisa questo ed altro … però non ti mettere a piangere adesso … anche se per la felicità si può piangere!, ndr]

[i dati nudi e crudi da sensore, al netto del MARD* e di eventuali temporanei malfunzionamenti del sensore, denotano una glicemia media di 192 mg/dl e un time in range del 55% sopra 170, ovvero in iperglicemia (prendiamo atto come la nostra Luisa mette il range in alto a 170 mg/dl … nell’ottica di un compenso il migliore possibile… coraggiosa!).  Solo 1% sotto 70.
Ancora una volta, i dati sul campo, in performance e in ultra endurance, indicano inequivocabilmente come l’ipoglicemia non sia il principale problema dell’attività di endurance con diabete di tipo 1.
Resta da verificare, però,  se la questione IPO (e più in generale quello che ruota intorno alla glicemia!) sia la principale fissa e preoccupazione nella testa dell’atleta (perchè che sia così in chi scrive le linee guida e di chi si occupa di sport e diabete, salvo rare eccezioni, è conclamato …): parrebbe anche qui di sì, visto che non siamo in grado di essere sufficientemente aggressivi o magari di non supportare nei fatti i proclamati intenti di adottare una strategia “aggressiva” e di “performance” … siamo tutti, scrivente incluso, prigionieri, chi più chi meno, di un’approccio “difensivo” quando invece dobbiamo imparare ad adottare tattiche (se non strategie) “performance based” e non unicamente “defensive-based”.
Integriamo per riparare ad un ipo, integriamo per prevenire una ipo, adeguiamo l’insulina per non andare in ipo, stoppiamo il micro per la paura dell’ipo, integriamo quando vediamo il sensore dirci 230 doppia freccetta in giù perchè pensiamo che in 2 minuti finiremo in coma ipoglicemico, oppure non integriamo perchè non vogliamo andare alti, ma poi così finiamo in ipo per davvero e poi integriamo “come non ci fosse un domani” e ritorniamo alti etc etc… e potrei continuare all’infinito.
Ma quando impareremo ad integrare e a insulinizzarci per andare più forte e dare al nostro organismo le risorse energetiche e terapeutiche per nutrire  i muscoli e favorire l’utilizzo del glucosio, lo shift dei substrati energetici, l’utilizzo degli acidi grassi etc ? …. Il tutto gestendo anche il diabete senza che sia la glicemia il riferimento di ogni nostra decisione? Ricordo che ad oggi l’unico vero limite OGGETTIVO e DIMOSTRATO dell’atleta con diabete di tipo 1 rispetto ai non diabetici è una quota infinitesimalmente inferiore di scorte di glicogeno nel fegato (gli altri sono limiti soggettivi, derivanti dalla capacità di gestirsi e di essere educati a gestirsi. Poi probabilmente a breve usciranno studi che dimostreranno alti limiti oggettivi e insormontabili, ma noi siamo curiosi di conoscerli per metterci l’animo in pace!).
Solo quando questo impareremo, potremmo davvero raccogliere le gratificazioni che solo le attività di fatica sanno regalare e gustarcele a pieno, senza interferenze esterne, e senza nemmeno un filo di rimorso; NDR a carattteri cubitali!]
[*MARD: è l’indice che misura il margine di errore di glucometri e sensori. Uno strumento è giudicato affidabile se MARD inferiore a 10%. Ad oggi solo Dexcom G5/6 e ultima versione Freestyle sono sotto il 10%]

Il mio intento in questi anni, individualmente ma anche con il gruppo Diabete No Limits, condividendo e partecipando alle sperimentazioni di integrazione e strategia terapeutica in attività di endurance, è stato quello di riuscire ad avere un buon compenso glicemico anche quando pratico sport.
Perché l’obiettivo è avere una stabilità glicemica nella vita quotidiana ed anche praticando sport. Questo è ciò che desidero ottenere. Nel 2017 ho avuto buoni riscontri: mensilmente ho implementato distanze e dislivello, ottenendo parallelamente un buon compenso metabolico: soddisfazione ma appunto soprattutto benessere!
Non mi accontento di tagliare il traguardo di una Ultra senza vedere anche un buon compenso glicemico, ecco…questo è il nodo. E in questo periodo è davvero frustrante avere una curva glicemica instabile da diversi mesi.
Quindi la gioia di questa Ultra è una gioia a metà perché non mi sento in forma come vorrei. Non perdo tempo a lamentarmi: ho da lavorare.

 

[alcune considerazioni in NDR sul book di Luisa: conta dei cho perfetta. La memoria funziona anche con 36 anni di diabete sulle spalle! E dunque complimenti solo per la cura con cui Luisa ha memorizzato e annotato i dati e che noi ci siamo occupati di trasformare in un book vagamente ispirato a quelli del … Presidentissimo!
1) Gestione pregara: inevitabile iperglicemia prendendo 45 gr di cho senza bolo e nei 15/20 minuti di attesa da fermi … bolo necessario oppure scelta diverso timing integrazioni. Trend in discesa pregara forse affrontato con troppa impulsività.
2) correzione con glucosprint della notte del 23 settembre, definita “integrazione come non ci fosse un domani”. Non comprendiamo bene come un 204 anche con forte tendenza in diminuzione sia da affrontare con tutta questa “impulsività” e comunque 15 gr di glucosprint ci sembrano una integrazione “minima” non massima, ferma restando la mia campagna per il divieto all’utilizzo del “glucosprint” come integratore per atleti con diabete di tipo 1. Non imputerei dunque all’odiato glucosprint la successiva iperglicemia persistente, a meno di integrazioni ulteriori non segnate nel book.
3) dopo gara: ricordiamo l’importanza di integrare subito dopo la fine di una prova di endurance, a maggior ragione se così lunga e impegnativa, come spesso il nostro doc Mario Vasta ci raccomanda. Lui dice entro 20 minuti, ma diciamo che basterebbe entro un’ora. Il recupero è forse addirittura più importante del durante. Luisa ha fatto passare ben … 3 ore e 45. E limitandosi a 30 gr di cho. Bisogna poi capire il perchè? Problemi di appetenza, stomaco chiuso, si è persa a chiacchierare con gli amici, doveva giocare con Elia, recuperare il tempo perso con il marito? Non lo sappiamo, ma qualunque sia la ragione, la prossima volta mangiare subito e abbondante. 
4) il totale dei cho assunto da Luisa (430 ca) in gara, in relazione a durata e peso del soggetto, indica un apporto di 0,40 gr di carboidrati per ora per kg. Inferiore a quello suggerito per la massimizzazione della performance, ma in linea con altri consumi verificati su distanze e sforzi di questo genere ad esempio del presidentissimo (sempre uno a caso). Quindi ecco un primo dato raffrontabile così accontentiamo il dr. Sudano che da tempo lo chiede.
Sicuramente assunzioni di cho più generose necessitano di performance atletiche in spinta maggiore, dunque una preparazione atletica adattata a ritmi più veloci sempre se ci si riesce. E a tutto ciò adattare la strategia terapeutica, leggi insulinica. Vedi sotto!

Fine di questo ndr]

In questa Adamello, come accennavo nella premessa, metabolicamente non è andata come speravo.
[su questo aspetto, a parte quanto detto sopra, mi riconosco abbastanza nell’impostazione di Luisa. Anche nello sport, specie se occupa tante ore della giornata e della settimana, il buon compenso è elemento fondamentale. Tuttavia come scrivo spesso in report e ndr, “per ben performare è forse più importante sapersi gestire nei 364 giorni e 3 ore restanti dell’anno, rispetto alle 20 ore e 30 minuti di durata dell’Adamello Ultra Trail: il buon compenso pre-esiste, attinge e sopravvive alla pratica sportiva di endurance; NDR].
Alcuni elementi nuovi: stare in giro 20 ore abbondanti, anche in orario notturno. Errori che potevo evitare di sicuro al mattino ed anche la sera. Al mattino la glicemia è stata nei range fino allo start e poi ha iniziato ad alzarsi. L’anno scorso l’adrenalina mi alzava la glicemia nella mezz’ora prima della gara e risolvevo non integrando o integrando pochissimo nel pre gara. In queste ultime gare del 2018 ho notato che la glicemia ha valori nella norma fino allo start, quindi io integro, però poi dopo 30 minuti di attività sono già in iperglicemia.

a) In questa gara ho corretto con 1 Unità di insulina rapida alle 9.30 (dopo 30 minuti dallo Start).
Primo errore: 1 Unità non bastava, ne servivano 2. Infatti alle 11.30 sono in piena iperglicemia…e qui mi faccio 2 Unità aggiuntive e inizio ad integrare. La glicemia poi siregolarizza ed integro ogni ora con 35 – 40 g di CHO.

[Le considerazioni di Luisa sono interessanti, almeno solo per il fatto che è in grado di ragionare lucidamente, ricordare i carboidrati introdotti senza perdere di vista il sentiero e giungendo al traguardo da FINISHER, che non è roba di poco conto. Tuttavia quando hai il diabete di tipo 1 e vuoi fare pratica sportiva “di endurance e di performance” in autonomia e senza assistenza devi avere chiara quale è la tua strategia. Se vuoi andare di “movimento e cho senza boli o boletti di rapida” devi aver prima testato se il tuo profilo basale (unità di insulina lenta Degludec nel caso specifico, visto che Luisa da qualche anno è tornata alla vituperata terapia multiiniettiva) è in grado di “reggere” e “supportare” il carico di cho in combinato con l’aumentata sensibilità delle fibre muscolari all’azione dell’insulina con conseguente miglior utilizzazione del glucosio. Altrimenti forse meglio riposizionarsi fin dall’inizio sulla strategia “eat & bolus”. Roba per addetti ai lavori? Ndr, doppio ndr, ndr coi fiocchi, ndr!]

b) Arrivo alle 20.30 circa al ristoro di Edolo. Alle 21 ho 85 di glicemia. Decido di mangiare circa 80 g di pasta, formaggio e 1/3 di banana senza fare l’insulina rapida…un piccolo bolo avrei dovuto farlo… Io invece ho pensato: riparto subito dopo aver mangiato, devo farmi 1400 m di dislivello positivo… con 85 di glicemia e tutto il movimento dell’intera giornata…non faccio il bolo di rapida.
Risultato: alle 22.30 la glicemia inizia a salire (184 con trend in lieve aumento)…ma aspetto a vedere cosa succede.
Ore 23.30 mi trovo con 232 e allora decido di fare un bolo di 1 unità di insulina rapida. Ma il valore non accenna a diminuire. Anzi, sale e alle 1.30 faccio un’altra aggiunta di 1 unità. Rimango comunque in iperglicemia perché secondo me quando poi mi trovo a camminare da sola nel bosco al buio entra pure in circolo l’amica adrenalina, ormone contro insulare. Questa è una mia ipotesi! [oh Luisa, sei a 232, mica a 400!, valore alto ma gestibile con calma e sangue freddo!,ndr]
Da qualche mese ho introdotto le maltodestrine in polvere (SENZA AROMI, QUINDI INSAPORE) per integrare durante l’attività fisica di endurance. Mi sono preparata delle bustine contenenti 30 g CHO, pronte da essere sciolte in acqua. [brava!,ndr]
Quindi in allenamenti “lunghi” e pure in gara alterno: gel PROACTION (25 g CHO), maltodestrine buste monodosi (30 g CHO), buste monodosi di Sali contenenti anche maltodestrine PROACTION (25 g CHO).
A tutti i ristori oltre a riempire le borracce di acqua, ho mangiato noci, frutta secca e/o 1/3 di banana.

DM1 dal 1982 [*sì sì, avete letto bene. Luisa ha il diabete dall’età di 2 anni! Dunque ben 36 anni su 38!ndr]
CELIACHIA (dieta senza glutine)
Da diversi anni emoglobina glicosilata si aggira su valori non superiori a 7,4
[*in particolare da quando è in terapia MULTIINIETTIVA, dopo anni di Microinfusione. Non per prendere le difese di una o dell’altra terapia, ma è curioso notare come solitamente tutti sottolineano il percorso inverso ovvero: da quando sono passato al micro ho migliorato, sto meglio, la mia gestione è ottimale. Forse questa è la classica eccezione che conferma la regola, ndr]
Da quando sono comparsi i disturbi intestinali il valore è salito a 8 [Forza Luisa, che troverai la quadra a breve!, ndr]
DEGLUDEG 14 U (Dopo la gara aumentata a 15 U* [facciamo notare questo aspetto. Aumentare subito la basale dopo una prova, per non ritrovarsi sottobasalizzati nei giorni successivi, quando ci si ferma per il necessario recupero e al nostro metabolismo viene a mancare il supporto dell’esercizio e del movimento  a fronte di aumentati apporti di calorie e cho utili a ricostituire le scorte di glicogeno muscolari etc etc, ndr]
ASPART colazione 1:12, pranzo 1:12, cena 1:12
IN GARA HO USATO IL SENSORE PER IL MONITORAGGIO “FLASH” DELLA GLICEMIA: FREESTYLE LIBRE